In questo numero della rivista ospitiamo una
ventina di immagini delle opere di due artisti:
Leonardo Castellani
(nato a Faenza nel 1896 e
morto a Urbino nel 1984) e
Giuseppe
Santomaso
nato a Venezia nel 1907 e ivi
deceduto nel 1990. Virtuoso incisore il primo,
con acute e poetiche capacità disegnative,
eccelso artista il secondo, dalle sorprendenti
impostazioni cromatiche. Entrambi
collaborarano alle riviste del tempo e
parteciparono alle esposizioni sindacali che
contribuivano a espandere l’arte gra!ca e
incisoria, creando un clima culturale di alto
spessore in cui erano immersi e, con propria
sensibilità, divennero protagonisti dell’Arte del
Novecento accanto a celebri autori: Carrà,
Morandi, Maccari, Guttuso, Spazzapan,
So"ci,Tamburi, Bartolini, Rosai, De Pisis,
e tanti altri.
Castellani insegnò alla scuola d’Arte di Fano !no
al 1930, quindi si traferì a Urbino dove “ a#rontò
con perizia da manierista una serie di temi cari
alla scuola italiana di quel tempo” poi si dedicò
alla natura morta, alle vedute di collina o di
campagna, ai paesaggi marchigiani. Il tutto
senza retorica: “era un modo discreto per salvare
se stesso. Star lontani dalla pseudopoetica
dell’eroismo e della virtù dell’obbedienza. Allora
si doveva decidere tra il favore della gerarchia e
il tavolo dello studio”. Dopo la guerra Castellani
produce una grande quantità di piccole opere,
preparatorie delle grandi lastre e per approdare
alle incisioni di libera creatività. “I tratti
diventano essenziali, l’inchiostro spanto e
sfumato ha momenti di grande intensità e
ricchezza di e#etti”.
Una grande quantità delle sue opere vide la
luce a Urbino dove, fra l’insegnamento e
l’incisione, preparava le innumerevoli
esposizioni su cui hanno scritto acute pagine i
migliori critici italiani: So"ci, Sinisgalli, Bartolini,
Valsecchi, Lambertini, Parronchi, Vitali, Sciascia,
Trentin,...
Il poco spazio a disposizione in questa pagina
mi ha suggerito di indicare le qualità dei due
artisti riportando alcuni pensieri dalle
pubblicazioni delle loro opere. Nel catalogo
edito e curato da Neri Pozza, nel lontano 1966,
Leonardo Sciascia scriveva: “Non voglio dire
che altre tendenze ed espressioni dell’arte non
meritino ammirazione... ma si può a#ermare
che il maestro Castellani è oggi, specialmente
nel campo dell’incisione, uno degli artisti di più
raro equilibrio, di più compiuta e vibratile
identità”.
Nella monogra!a su Giuseppe Santomaso,
edita dopo la sua morte dagli Editori Fabbri,
l’introduzione venne curata da Erich
Steingräber, che descrisse le opere, la vita e la
cultura del maestro iniziando con queste
parole: “
Di!cile immaginare Santomaso senza
Venezia, di!cile immaginare Venezia senza
Santomaso
”. Di se stesso diceva che le origini
della propria identità si potevano trovare nei
mosaici di San Marco e di Torcello, nelle
conchiglie bizzarre, nelle atmosfere lagunari...;
diceva che la sua sensibilità traeva forza “nella
libertà aperta ad oriente”.
Nel 1937 Santomaso intraprese alcuni viaggi a
Parigi e in Olanda, prese conoscenza delle opere
non solo degli impressionisti (Monet in primis)
ma soprattutto di Picasso, Matisse, Bonnard,
Braque e Picabia. Di conseguenza decise che la
nuova arte non doveva ricostruire la realtà, che
bisognava ri!utare ogni teoria dogmatica.
Dopo la Liberazione Pizzinato, Santomaso e
Vedova crearono il Fronte nuovo delle Arti; si
spense l’autarchia culturale del fascismo anche
per merito di moderne e ricettive Gallerie
(Naviglio, Cavallino, Milione, Bergamini,...), si
crearono importanti premi (Bergamo); nel 1947
arrivò a Venezia Peggy Guggenheim e nel 1948
si presentò la Prima Biennale del dopoguerra: i
nostri artisti entrano nel circuito internazionale
delle avanguardie.
I critici d’arte - con Giuseppe Marchiori in prima
!la – vivono in quel grande fermento e fanno
promozione per gli artisti italiani.
Ben presto fra realisti e astratti nacque la
discussione che porterà alla rottura e si formerà
il celebre gruppo degli “Otto pittori italiani” che
Lionello Venturi presentò alla Biennale del 1952:
Afro, Birolli, Moreni, Morlotti, Porpora,
Santomaso, Turcato e Vedova. Marco Valsecchi li
esalta come espressione italiana d’avanguardia,
citando la simbiosi di luce e colore, il legame
con la storia e i muri di Venezia, e persino
l’ermetismo di Giuseppe Ungaretti. Grazie alle
nuove tecniche che sperimentava
incessantemente, Santomaso ricreò Venezia con
costellazioni cromatiche, ripensò il bianconero,
o#rì non solo visivamente i propri pensieri nella
serie
Lettere a Palladio
.
Per denunciare la crisi del nostro tempo
sosteneva che,
con la "ne delle ideologie
“anguste”, l’arte diventa la sola essenza dell’uomo
capace di rispondere alle necessità del profondo
.
Riccardo To!oletti
PRESENTAZIONE DI LEONARDO CASTELLANI E
GIUSEPPE SANTOMASO
Si ringrazia il prof.
Corrado Albicocco
per aver concesso la
riproduzione delle opere
dall’archivio della sua
stamperia d’Arte.