sul tele-apprendimento, sull’ap-
prendistato, sulla politica del curri-
culum, e altro.
Credo che queste riflessioni sull’i-
struzione costituiscano un significati-
vo contrappunto ai movimenti che si
muovono velocemente attraverso la
cultura, se non addirittura attraverso
il mondo. In parte a causa delle
profonde trasformazioni tecnologi-
che del secolo passato, ci siamo mes-
si in contatto con un crescente nume-
ro di persone, provenienti da diffe-
renti luoghi e per diversi scopi. Do-
vunque c’è una forte necessità di col-
laborazione, di lavoro di squadra, di
rete e negoziazione. Vengono richie-
sti continui adeguamenti ad un mare
di significati e materiali in continuo
cambiamento. Nella sfera organizza-
tiva, per esempio, questa fiducia nei
rapporti interpersonali si riflette in
movimenti da strutture gerarchiche a
strutture piane e nella crescente fidu-
cia nelle squadre che funzionano in
modo incrociato per decisioni vitali.
Il cambiamento verso la costruzione
collaborativa è imperniato sul dram-
matico ondeggiare delle organizza-
zioni virtuali ed i movimenti volonta-
ri internazionali (NGOs). È dalle rela-
zioni interpersonali coordinate che
dipendono i movimenti ecumenici, le
organizzazioni geo-politiche (come la
Comunità Europea) ed i
team
di ricer-
ca scientifica. La dimensione relazio-
nale nell’istruzione è essenziale e le
scuole e le università devono essere
adeguate alle profonde trasformazio-
ni del mondo.
PARLANDO
PRATICAMENTE
Le discussioni teoriche sui processi
relazionali, per i nostri tempi, sono
un buon inizio. L’ultima questione
è se tali discussioni possano fare la
differenza in pratica. Dal mio punto
di vista esiste già un movimento si-
gnificativo nel mondo della peda-
gogia. Si manifesta in svariate for-
me, e quando le osserviamo nel lo-
ro insieme iniziamo a scorgere un
modello dal quale potremo trarre
nutrimento per il futuro. Lasciatemi
parlare di tre domini significativi in
una chiave relazionale.
Dal monologo al dialogo
Esiste una lunga storia riguardante
la pedagogia del monologo secon-
do la quale l’insegnante si compor-
ta come un alto prelato e gli studen-
ti come i supplicanti. In termini di
dialoghi correnti, forse è “La peda-
gogia dell’oppresso” di Friere che è
servita come maggiore stimolo al-
l’innovazione. Istruiti dalla sensibi-
lità critica di Friere alle ideologie ed
ai valori portati da ogni forma di
conoscenza disciplinare, gli inse-
gnanti a qualsiasi livello hanno
messo in dubbio l’autorità del “mo-
nologante” ed hanno aperto le clas-
si alla piena partecipazione. La pe-
dagogia critica ora siede accanto ad
una varietà di forme meno politiciz-
zate di collaborazione in classe. Per
esempio, nella sua opera,
Apprendi-
mento collaborativo
, Kenneth Bruffee
descrive una varietà di esercizi de-
signati ad elevare al massimo grado
l’espressione e l’interscambio dello
studente. Le istituzioni come la
Sudbury School hanno coinvolto gli
studenti in qualsiasi cosa dalla for-
ma del curriculum a decisioni sulla
condotta; Patricia Lather sfida i suoi
studenti a scrivere in stili molteplici
per spettatori e finalità diverse; il
novellista Ken Kesey ed i suoi stu-
denti sono andati così lontano da
scrivere e pubblicare un romanzo
collettivo. L’innovazione collabora-
tiva è in fermento ovunque.
Dalla razionalità isolata alla razio-
nalità relazionale
Per la tradizione individualista esi-
steva una netta divisione fra il ruo-
lo dell’insegnante e quello dello
studente. Il primo doveva fornire le
migliori informazioni e capacità
d’osservazione disponibili, mentre
il lavoro del secondo era approfon-
dire queste informazioni. L’insuc-
cesso dello studente era convenzio-
nalmente attribuito alla mancanza
da parte dello studente stesso delle
capacità, delle attitudini e delle mo-
tivazioni. Nei decenni recenti siamo
mano a mano giunti a comprendere
che il lavoro effettivo dello studen-
te è il risultato di una collaborazio-
ne. Il fulcro centrale della collabora-
zione risiede certamente fra l’inse-
gnante e lo studente. Oggi numeri
crescenti dimostrano valido il pun-
to di vista di Lev Vygotsky secondo
il quale non c’è nulla nella mente
che non sia prima nella cultura. Lo
specialista della comunicazione
William Rawlins sostiene che l’i-
struzione maggiormente efficace
nasca da una relazione di amicizia
fra insegnante e studente.
Inoltre, non è solamente il rapporto
dello studente con l’insegnante che
è importante. Gli allievi e gli inse-
gnanti vengono attratti in modo
crescente dai rapporti interpersona-
li (amicizia, interazioni nei gruppi,
antagonismo razziale ed economi-
co), che si evincono dai lavori dello
studente. Più ampiamente, molti
pedagogisti hanno puntato l’atten-
zione sul più ampio contesto socia-
le dell’istruzione. Comprendiamo
in maniera crescente l’importanza
della povertà, dell’etnicità, e della
composizione della famiglia, per
esempio, nella formazione del lavo-
DALLA MENTE ALLE RELAZIONI
LA SFIDA EMERGENTE
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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