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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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DALLA MENTE ALLE RELAZIONI
LA SFIDA EMERGENTE
Kenneth J. Gergen
LA SFIDA EDUCATIVA
L’idea della quale tratterò è che la
principale sfida del sistema educati-
vo del nostro secolo sia quella di so-
stituire la tradizionale attenzione al
singolo
studente con investimenti fi-
nalizzati al
processo di relazione
. Che
cosa significa questo, sia dal punto
di vista teorico che pratico? Prima di
tutto consideriamo la nostra tradi-
zionale opinione secondo cui il fine
dell’istruzione è quello di impartire
la conoscenza allo studente, miglio-
rare le sue capacità di ragionamento
e giudizio. Una buona istruzione
preparerà l’individuo a partecipare
produttivamente alla società ed a
contribuire come cittadino responsa-
bile al processo democratico. Tali
teorie sono d’altronde fortemente
connesse alle nostre pratiche d’inse-
gnamento. Rendiamo ogni singolo
studente responsabile del proprio la-
voro, registriamo i suoi progressi,
valutiamo e classifichiamo le sue
esecuzioni individuali; i punteggi di
ogni singolo studente vengono regi-
strati gerarchicamente, con lo scopo
di valorizzare i voti migliori e di cor-
reggere le aree carenti.
Peraltro, stiamo diventando man
mano e spesso dolorosamente, con-
sapevoli del fatto che questa costel-
lazione di teorie e pratiche appartie-
ne ad un giovane di altri tempi. La
tradizione sembra meno importante
e, nelle condizioni attuali di cambia-
menti globali accelerati, pare inade-
guata. Facciamo risalire questa tra-
dizione al periodo dell’Illuminismo
occidentale, che consiste nella cele-
brazione della mente dell’individuo,
della capacità di ognuno di pensiero
e giudizio autonomo e che forniva
un fondamento logico per la libera-
zione dal controllo assoluto della
Chiesa e dello Stato. Nel processo di
sviluppo del
modernismo
occidenta-
le, la celebrazione della mente del-
l’individuo ha proceduto contestual-
mente alla ricerca della libertà, della
giustizia e della democrazia.
A questo punto, perché cercare al-
ternative? Non siamo dove dovrem-
mo essere, e non dovrebbe la nostra
tradizione essere condivisa global-
mente? Per molti la sofferenza inizia
con la realizzazione del mondo che
creiamo quando celebriamo la men-
te dell’individuo. Quando crediamo
che la mente individuale sia la realtà
primaria, creiamo un abisso fra l’in-
dividuo e gli altri. Vediamo noi stes-
si come individui che vivono all’in-
terno dei propri mondi isolati. “Io
sono qui e tu sei lì.” Non potremo
mai sapere quello che passa nella
mente degli altri, dietro la maschera
degli occhi, perciò non potremo fi-
darci pienamente delle azioni degli
altri. Quindi il nostro compito prin-
cipale è quello di “prenderci cura
del
number one
”. Secondo questa vi-
sione del mondo, i rapporti inter-
personali sono artificiali e seconda-
ri, vanno ricercati fondamentalmen-
te quando possono essere utili per
gli scopi del singolo. Credere nella
supremazia della mente del singolo
incoraggia una cultura di solitudi-
ne, sfiducia ed antagonismo. E
quando l’individuo viene prima di
tutto, i rapporti interpersonali e la
partecipazione alla vita della comu-
nità deteriorano entrambi.
Questi dubbi sul punto di vista in-
dividualistico fanno da comple-
mento ad un crescente numero di
studi che esplorano le basi comuni
della conoscenza e della ragione. In
questo caso l’eredità cartesiana del
pensatore solitario è necessaria alla
concezione individualistica. Se ci
accingessimo ad eliminare dalla
mente umana tutti i concetti e le lo-
giche fornite dalla cultura, che cosa
resterebbe di significativo? Nell’iso-
lamento, potrei pensare ai temi del-
la moralità, della giustizia, o ai costi
e ai benefici dei vari corsi d’azione
senza un corpus di concetti e logi-
che fornitemi dai rapporti con gli
altri? “Ragionare bene” non è man-
tenersi fuori dai rapporti interper-
sonali per un “momento privato”,
ma partecipare pienamente ad essi.
Questa modalità di pensiero è anco-
ra diffusa tra gli studenti, rivelando
la dipendenza della conoscenza dai
comuni e condivisi valori ed inten-
dimenti. Da questo punto di vista,
lo scienziato non lavora mai vera-
mente da solo; lui (o lei) viene pre-
parato dalla comunità grazie alla
quale avvengono le scoperte trami-
te l’osservazione. Quella che rite-
niamo la conoscenza non è tanto
uno specchio del “mondo com’è”,
ma il risultato di un tentativo inter-
pretativo della comunità di realiz-
zare i suoi valori dentro certi conte-
sti. La conoscenza medica dell’Oc-
cidente, per esempio, non è tanto
“vera” quanto è funzionale in ter-
e riflessioni sull’istruzione
costituiscono un significativo
contrappunto ai movimenti
che si muovono velocemente
attraverso la cultura, se non
addirittura attraverso il
mondo. In parte a causa delle
profonde trasformazioni
tecnologiche del secolo
passato, ci siamo messi in
contatto con un crescente
numero di persone, provenienti
da differenti luoghi e per
diversi scopi. Dovunque c’è
una forte necessità di
collaborazione, di lavoro di
squadra, di rete e negoziazione
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