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LIBRI
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non può essere un’identità tenden-
zialmente assoluta, ma piuttosto
un’identità che accetta la propria
particolarità e limitatezza.
Diversamente avviene con popoli
che hanno costruito la propria iden-
tità in modo più assoluto adottando
anche elementi di “segni-!cazione”
dei propri componenti, come la cir-
concisione. L’identità inquestomodo
è segnata inmodo perenne e indele-
bile sul corpo e demarca in modo
evidente i con!ni dei non“segnati”.
Così nel popolo ebraico la circon-
cisione diventa il segno del legame
diretto con il proprio dio Jhavè, rap-
presentando l’elemento di “elezio-
ne” rispetto agli altri popoli.
La religione in generale risulta
uno dei mezzi più potenti di costru-
zione di identità, forgia e legittima
l’essenza stessa di un popolo.
In particolare, le religioni monotei-
ste, avendo un solo dio unico e asso-
luto, a di"erenza di quelle politeiste
più inclini ad allargare il numero di
divinità riconoscibili, portano con sé
il germe dell’intolleranza e della non
accettazione dell’alterità.
Il monoteismo è un modello e#-
cace per a"ermare un’identità forte
in quanto distingue nettamente e
separa “noi” dagli “altri”, anziché col-
locare“noi “ tra gli “altri”. Questo gra-
zie anche all’esistenza di un “Libro
sacro” (la Bibbia, il Vangelo, il Cora-
no) che !ssa i contenuti e le creden-
ze rituali sancendo anche per scrit-
to, e quindi in modo de!nitivo, il
con!ne tra coloro che credono e gli
altri, !no a legittimare di conse-
guenza guerre di religione e perse-
cuzioni che sfociano in una sorte di
“identità armata”.
Riportando la sua esperienza di
antropologo, l’autore passa poi alla
descrizione suggestiva di un antico
rituale cannibalico dei guerrieri Tu-
pinamba. Il sacri!cio del nemico, av-
viene dopo lunghi passaggi attra-
verso cui il prigioniero diviene parte
integrante della vita della tribù con-
dividendo per lungo tempo cibo,
donne, in una sorte di puri!cazione
dell’alterità. Al !ne il cibarsi del ne-
mico diviene un cibarsi di sé attra-
verso il corpo dell’ altro, la cui identi-
tà è stata trasformata e assimilata
dai vincitori.
Andare oltre l’identità è dunque il
tema sottotraccia del libro di Re-
motti: superare una logica stretta-
mente identitaria ed essere disposti,
sia sul piano personale che sociale,
ad uscire da condizioni narcisistiche
ed evitare derive pericolosamente
nazionalistiche. Riconoscere quindi
il potenziale aggiuntivo e formativo
dell’alterità piuttosto che l’aspetto
minaccioso e straniante.
Le scienze umane da questo pun-
to di vista, possono dare sicuramen-
te e necessariamente un grande
contributo, rinunciando prima di
tutto alla settorialità che le obbliga
a con!ni epistemologi e percorren-
do la strada dell’interdisciplinarietà
e della collaborazione come già av-
viene, in modo più deciso, in altri
campi scienti!ci.
La psicologia e la pratica terapeu-
tica, in particolare, possono contri-
buire ad andare oltre, a liberarci
dall’ossessione dell’identità, mutan-
do il paradigma della ricerca di una
identità unica e compatta in quello
di una identità composta e molte-
plice, capace di armonizzare i diversi
“sé” o “Io” che ci caratterizzano, in-
globando auspicabilmente anche il
“noi” e gli “altri”.
Il mondo attuale, i processi di glo-
balizzazione che ci sovrastano pro-
babilmente non ci lasciano alternati-
ve. Le nostre forme identitarie do-
vranno essere sempre più disponibili
agli scambi e alla comunicazione, ma
come conclude l’autore non è detto
che questo sia un percorso facile e
indolore. Il suo opposto, la chiusura,
l’ossessione della purezza e dell’iden-
tità, producono oggi, come in passa-
to, le maggiori rovine.
Manuela Astori
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