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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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sua cultura giuridico-amministrati-
va e quindi alla sua ottica di domi-
nio e controllo attraverso le proce-
dure formali. Dal punto di vista
burocratico si tratta di una variabi-
le priva di qualsiasi importanza.
L’autonomia didattica vede come
protagonisti proprio i docenti. L’in-
novazione ritenuta più idonea è
quella empirico-razionale. Smarri-
te e disorientate sono anche le
nuove generazioni all’interno dei
sistemi formativi che hanno perso
di senso, di significato e di valenza
orientativa. Una certa tradizione
scolastica ha ritenuto di rafforzare
una separazione scolastico-forma-
tiva proponendo alla generazione
di giovani studenti quasi un per-
corso iniziatatico alla vita di citta-
dini. Forse occorre ripartire dalla
porzione di mondo reale che è la
scuola vitale, cioè la scuola del vi-
vere quotidiano. La scuola delle
convivenze forzate, di comunica-
zioni esplicite o implicite, di rego-
le e di trasgressioni, di benessere e
di malessere, di confronti e di
competizioni feroci, di emargina-
zione implacabile e di forme di so-
lidarietà e altruismo sorprendenti,
di rispetto e di vilipendio della cul-
tura. La scuola vitale della quoti-
dianità, al contrario della scuola
formale, è un ambiente umano in
elaborazione dinamica. Importante
è allora soffermarsi proprio all’in-
terno dell’autonomia didattica al
tema del curricolo latente o, se vo-
gliamo riformularlo in altro modo,
cultura tacita della scuola. Le di-
mensioni latenti sono quelle che
informano, che danno forma ad
ogni organizzazione e sono le più
forti proprio perché implicite. La
non presa in considerazione delle
dimensioni latenti, pulsionali, af-
fettive, inconsce, immaginifiche
per certi versi, la negazione dei re-
gistri mitici che espongono la mi-
tizzazione dell’organizzazione al-
l’onnipotenza e all’esaltazione,
porta a non capire quali sono le di-
namiche interne di un contesto
quale quello scolastico. Simmetri-
camente la scissione delle persone
porta a considerare il lavoro e l’or-
ganizzatività come sistemi riduci-
bili ai minimi termini, tendenzial-
mente completi, finiti e controllati.
C’è un testo interessante che si in-
titola “Sottobanco” di Cerioli-Mas-
sa e riguarda le dimensioni nasco-
ste della vita scolastica. È proprio
il sottobanco che fa banco che co-
struisce in realtà lo sfondo, il con-
testo reale della scuola. Dalla sin-
drome del controllo occorre passa-
re all’incoraggiamento e allo svi-
luppo e siamo dentro il tema del-
l’orientamento. Un orientamento
che ha bisogno di un sistema inte-
grato. Questo può essere assunto
per denominare un sistema forma-
tivo i cui percorsi di formazione
siano sempre un mix di scuola ed
extra-scuola, di pubblico e di pri-
vato, di statale locale, di studio e
lavoro. È opportuno allora connet-
tere organicamente scuola e for-
mazione professionale, scuola e
mondo del lavoro, attraverso azio-
ni di orientamento continuo e si-
stematiche, progettate e condivise
dai vari soggetti istituzionali pre-
senti sul territorio. L’orientamento
scolastico, formativo, professiona-
le, universitario sono dimensioni e
aspetti di un medesimo processo
che accompagna o dovrebbe ac-
compagnare ogni cittadino nella
sua evoluzione umana, sociale,
culturale e professionale. Allora,
l’orientamento chiama in causa in
modo responsabile anche l’istitu-
zione famiglia, oltre a quella sco-
lastica ma anche le realtà formati-
ve, produttive, culturali e sociali
che di fatto incidono sullo svilup-
po e sulla crescita di ciascun citta-
dino nei suoi contesti vitali. Trala-
scio il fatto che orientarsi è una di-
mensione fondamentale del com-
portamento umano che si esprime
in mille modi e in mille situazioni.
La formazione orientativa costitui-
sce una fondamentale componen-
te strutturale del percorso formati-
vo di ogni persona, lungo tutto
l’arco della vita e si traduce sul
piano operativo in un insieme di
attività mirate a far acquisire co-
noscenze, competenze accanto a
riferimenti valoriali condivisi e co-
dificati, in documenti riconosciuti
come fondanti la convivenza so-
ciale e civile, come sono la Costi-
tuzione, la Dichiarazione dei dirit-
ti dell’uomo, la Carta dei diritti
dell’infanzia.
Il Libro Bianco del ‘94 insisteva sul
saper fare in termini di competen-
za e alla fine indicava come una
mission fondamentale delle scuole
quella di insegnare ai giovani a
comprendere il proprio mondo,
proprio intendendo sia il mondo
personale, sia il mondo più largo
del contesto sociale e culturale.
«Insegnare ad apprendere verso
una società cognitiva» declinava
successivamente Madame Cresson.
Allora lavorare sul significato delle
cose e non solo sulle informazioni
esige lavorare sulla comprensione
e sulla creatività e non solo sulla
conoscenza. E introduce anche il
tema della capacità di giudizio di
decisione come elementi struttura-
li di ogni tipo di formazione. Allo-
ra come conseguenza, nel contesto
scolastico, abbiamo la centralità
dell’apprendimento fino all’auto
apprendimento, accompagnato e
sostenuto. L’etica nuova dell’edu-
cazione tende a trasformare l’indi-
viduo in protagonista del proprio
progresso culturale. L’auto appren-
dimento diventa una specie di
nuovo paradigma sul quale co-
struire il sapere come insieme di
conoscenze, di procedure e di atti-
tudini. Ecco allora che assume
centralità come chiave decisiva il
tema della coscientizzazione e
cioè della formazione responsabile
e consapevole che necessariamen-
te è di lunga durata. L’educazione
orientante non può vincolare in
una qualche materia di insegna-
mento o in un qualche tirocinio di
abilità ad hoc, o in un qualche
progetto separato dal tessuto e dal
contesto, ma deve essere diffusa
nelle routine del quotidiano scola-
stico e allora questo è possibile a
condizione che le istituzioni scola-
stiche vengano considerate come
un sistema aperto, in interazione
con il contesto sociale e territoria-
le di appartenenza, in un rapporto
che determina una relazione di re-
ciprocità tra collettività e sistema
scolastico. È importante dal punto
di vista dell’apprendimento aprire
tutto il tema della laboratorialità.
Non ho tempo di fermarmi su que-
sta dimensione ma la laboratoria-
lità è una dimensione formativa,
non soltanto uno spazio organizza-
torio. Partendo dall’assunto della
saggezza cinese: “se ascolto di-
mentico, se vedo ricordo, se faccio
capisco”. Allora avevano pensato,
a livello ministeriale, nell’articola-
zione delle direzioni regionali, al-
l’organizzazione di centri-servizi
di supporto alla scuola che dove-
vano essere provinciali o sub pro-
vinciali, poi se ne è persa perfino
rimembranza. Allora, il problema
dei centri dedicati, chiamati ad
una complicità nel mettersi in gio-
co, sviluppando l’enpowerment, il
potere diffuso e diffusivo. Occorre
liberarsi da un modello antico che
sintetizzo con Fedro: superior sta-
bat lupus et inferior agnus. Rinfor-
zare cioè la discesa dall’alto al
basso, dal sopra al sotto; occorre
rovesciare completamente questa
impostazione pensando a relazio-
nalità circolari tra adulti e quindi
qui si apre il discorso della multi-
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