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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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listici di orientamento rispetto a di-
versi interlocutori (scuola, univer-
sità, centri per l’impiego, Servizi so-
cio-educativi).
Piergiorgio Gabassi,
dell’Università di Trieste ha intro-
dotto i lavori di quest’ultima sessio-
ne del convegno.
L’obiettivo del mio contributo è
quello di illustrare brevemente la
storia dell’orientamento all’interno
della Regione Friuli Venezia Giulia,
in chiave di metodo. Perché, in
chiave di metodo? Perché l’orienta-
mento in Regione nasce nel 1978,
data storica contrassegnata da un
evento legislativo. I modelli, o i
non-modelli, comunque gli approc-
ci dominanti dell’epoca, erano
quello attitudinalistico e quello psi-
co-attitudinale che aveva avuto nel-
l’ENPI, Ente Nazionale Previdenza
e Infortuni, il soggetto che lo aveva
maggiormente praticato e il model-
lo pedagogico che si poteva ritrova-
re per motivi istituzionali nella
scuola dell’obbligo. La scuola me-
dia italiana è per definizione orien-
tativa e doveva assolvere a tale fun-
zione. La difficoltà di metodo fu
quella di collocarsi in un mercato
complesso e caratterizzato dalla
presenza di soggetti di varia natura,
di varia estrazione scientifico-disci-
plinare e anche politica che faceva-
no orientamento “a modo loro”.
Quindi ci fu un’esigenza di creare o
di cercare di innescare una logica
di modello, secondo un processo
che avrebbe dovuto tendere a qual-
cosa di completamente innovativo e
diverso. L’occasione fu data dal fat-
to che negli anni immediatamente
successivi si è potuto contare sul
contributo di ben trenta psicologi,
fatto storico per la psicologia italia-
na. La vicenda è importante perché
questi operatori erano psicologi, il
che solleva un primo problema: l’o-
rientamento è solo psicologia o è
prevalentemente psicologia?
Dal mio punto di vista l’orienta-
mento non è di esclusiva pertinenza
psicologica, anche se, allora come
ora, le discipline psicologiche ap-
plicate sono quelle che possono co-
prire lo spazio operativo maggiore.
Tuttavia ritengo sia necessaria una
regia concettuale e politico–ammi-
nistrativa, oltre che operativa. Gli
psicologi, contrariamente a quanto
si pensa, non hanno mai avuto po-
tere, né allora né oggi. L’accentua-
zione di un aspetto determina un
modello, e il modello non può che
determinare il tipo di intervento. È
tuttavia da sottolineare che ogni
modello in scienza è valido fino a
prova contraria e quindi non è dog-
ma, si utilizza fino a che si riscontra
una sua funzionalità, tant’è che i
modelli si provano, poi si cambiano
e si modificano soprattutto in fun-
zione delle contingenze, e questo è
stato il merito dell’esperienza del
Friuli Venezia Giulia: si è iniziato
con un modello, sia pur parziale,
per evolvere verso un modello più
complesso, molto strutturato, molto
solido, molto condivisibile ed
esportabile anche in altri contesti
nazionali.
Nell’orientamento a volte si colgo-
no aspetti politico–sociali. In que-
sto senso anche il modello Friuli Ve-
nezia Giulia ha avuto le sue conta-
minazioni. Oggi possiamo dire che
è ancora un modello aperto, che
conserva le sue caratteristiche in
progress con accentuazioni diverse
che sono strettamente funzionali al-
la mission che step by step si è ve-
nuta formando. Il contesto è profon-
damente cambiato, le culture orga-
nizzative, le culture lavoristiche de-
gli anni ’70 sono profondamente
cambiate: negli anni ’70 c’era il mi-
to del posto fisso e quindi era abba-
stanza consequenziale la logica
dell’orientamento come scelta defi-
nitiva di un lavoro fisso, un orienta-
mento una tantum, una volta nella
vita, ma già allora si cominciava a
prefigurare un diverso scenario di
mercato del lavoro, come predica-
vano gli economisti del lavoro. Il
merito di quella impostazione era
che non era settaria, non era psico-
logica e basta, ma multidisciplina-
re, composta da culture organizza-
tive diverse. Rispetto ad un’utenza
che dice: “Mah, io delego a lei
struttura, ente, psicologo, operato-
re, il problema della scelta di mio
figlio, lei me lo gestisce e mi resti-
tuisce un problema risolto”, gli psi-
cologi sanno che non è così che si
fa, ma si cerca di superare questo
aspetto tecnico per cogliere la com-
ponente pedagogica in un più allar-
gato quadro sistemico, analizzando
tutte le variabili contingenti, com-
prese le caratteristiche del mercato
del lavoro, e le leggi che lo regola-
no. Spiegare la legge 30 in un’ottica
non codicistica, è un grosso valore.
Non dimentichiamo che lo Statuto
dei lavoratori, approvato nel 1970,
il famoso decreto Donat Cattin, fu
una grande rivoluzione e un mo-
mento di grande civiltà lavoristica.
L’integrazione non si fa solo in ter-
mini economici, si fa anche in ter-
mini di diritti umani, che se però
non sono ancorati a qualche cosa di
reale sono aria fritta. Ad esempio,
do sempre più bassi. L’insuccesso e
anche le scelte sono meno sofferti
ma anche molto più superficiali.
Dunque, l’ambito per le azioni di
orientamento è diventato più diffu-
so, con confini più sfumati, ma un
dato rimane certo: orientare, nella
fase giovanile della vita, significa
prioritariamente lavorare per creare
motivazioni e competenze orienta-
tive di base. Il che, in pratica, vuol
dire creare le condizioni, nei conte-
sti educativi dove i giovani possano
sperimentare personalmente l’espe-
rienza di successo. Questo può av-
venire nella didattica ordinaria, nei
laboratori, nelle attività integrate o
anche in quelle extra curriculari. Il
successo motivante non può basarsi
su un solo tipo di intelligenza e
penso subito alle intelligenze multi-
ple del pedagogista Gardner. La no-
stra scuola purtroppo è ancora mol-
to ancorata al lavoro verbale e que-
sto sta producendo la perdita di
molti ragazzi, potenzialmente intel-
ligenti, ma non riconosciuti tali.
Non possiamo aspettare di avere
dei giovani che arrivano a diciotto
anni o più per chiedersi “e adesso
che sono fuori, da dove posso co-
minciare?” come se il prima non
avesse avuto nessun valore persona-
le. Lavorare su questo versante è
molto più impegnativo e va fatto
quotidianamente, nelle scuole as-
sieme agli insegnanti.
“Informarsi, studiare e lavorare sen-
za confini“: i temi affrontati con
questo progetto non sono centrali
per il lavoro di oggi ma, per dovere
di ospitalità, devo chiudere il mio
intervento con un riferimento a
questa iniziativa in corso di realiz-
zazione, con fondi INTERREG, e
che prevede nel corso dei prossimi
mesi l’integrazione del sistema
informativo con una sezione bilin-
gue italiano-sloveno per facilitare
l’azione di orientamento transfron-
taliero nell’area della scuola e in
quella del lavoro.
Concludendo, esprimo la fiducia
che il lavoro che oggi abbiamo pre-
sentato, se non ha ancora prodotto
un sistema di orientamento maturo,
sia almeno un contributo significati-
vo per arrivarci.
Nel pomeriggio il convegno si è
concluso con una tavola rotonda
che ha ulteriormente allargato la ri-
flessione sulla funzione delle strut-
ture dedicate nel sistema locale di
orientamento, affrontando il proble-
ma da angolature diverse o meglio
in un tentativo di articolare in modo
più mirato il ruolo dei centri specia-
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