dati e analisi sul mercato del lavoro

Wed Sep 21 15:05:00 CEST 2022

Mercato del lavoro in FVG: tempo indeterminato record nel 2022 (+60,3%) ma resta l’allerta per la situazione economica post pandemia.

L’Osservatorio Regionale del mercato del lavoro pubblica un report sui dati del mercato del lavoro fino a luglio 2022, commentando i recenti dati Istat sull’occupazione del primo semestre dell’anno, invitando ad un’attenta (e prudente) lettura. Stando ai dati (meramente) quantitativi, il FVG sta battendo ogni record, in termini di occupazione, di crescita occupazionale e anche di assunzioni a tempo indeterminato. Si sottolineano le criticità dell’attuale congiuntura politica ed economica internazionale, attraverso un commento di una recente analisi dell’OCSE.

Lo studio dell’OCSE sul mercato del lavoro italiano: attenzione ai salari reali, alle imprese e al programma GOL
Un recente studio dell’OCSE – “Prospettive dell’occupazione 2022” – fa il punto della situazione sul mercato del lavoro post-pandemia, partendo dalla constatazione che la guerra ha acuito l’incertezza economica a breve termine e indebolito (non annullato) la ripresa del mercato del lavoro, che è stata anche più forte del previsto. L’ inflazione e l’ aumento repentino dei costi dell’energia sono i fattori principali di rischio in questa fase. L’autorevole analisi, che spinge ad essere attenti alle trasformazioni in atto nel mercato del lavoro, sottolinea tre questioni rilevanti.

La prima riguarda il salario reale: il potere di acquisto è eroso dalle recenti spinte inflazionistiche, e in contesti come quello italiano tale fenomeno può incidere molto sull’offerta di lavoro (si pensi ai working poors), in quanto in molti comparti produttivi le condizioni di lavoro erano già a livelli non adeguati prima della pandemia.
Una seconda questione, collegata alla precedente, è relativa alle conseguenze disomogenee dello shock pandemico e dell’attuale congiuntura economica sulle imprese e i lavoratori. A riguardo delle prime, sono in ritardo soprattutto quelle “a bassa remunerazione”, poco competitive e che comprimono al massimo il costo del lavoro. A riguardo dei lavoratori, sono penalizzati i giovani (vexata quaestio nazionale), i lavoratori scarsamente qualificati e quelli in professioni poco retribuite.
La terza criticità, che spiega una parte dei differenziali salariali tra lavoratori, è l’e levata concentrazione della domanda di lavoro: secondo lo studio, pochi datori di lavoro competono per assumere esercitando un potere di “monopsonio”, fissando unilateralmente i salari. La conseguenza è un livello salariale considerato inefficiente.

Lo studio è citato nel report di monitoraggio dell’Osservatorio Regionale del mercato del lavoro, poiché fornisce degli importanti spunti per capire meglio i cambiamenti in atto nel mercato del lavoro. Secondo l'Osservatorio, l'analisi  va presa molto sul serio, perché può spiegare alcuni paradossi più volte sottolineati negli ultimi mesi. Nonostante, infatti, un’elevata domanda di lavoro e un’offerta potenziale relativamente bassa – si pensi al fenomeno delle dimissioni volontarie e alla riduzione della fascia d’età degli under 34enni per questioni demografiche – solo in pochi casi il livello salariale si è adeguato (verso l’alto) per riequilibrare il mercato. E' stato osservato, piuttosto, un incremento notevole delle assunzioni e delle trasformazioni di lavoro a tempo indeterminato. In generale, i dati regionali sono molto positivi, ma le questioni poste dall’OCSE vanne attentamente valutate.


In FVG situazione occupazionale in grado di affrontare un autunno che si prevede difficile
I livelli occupazionali sono da record in molte regioni italiane. Spicca tra queste il FVG: il numero di occupati nel II trimestre di quest’anno (oltre 538mila) non è mai stato così elevato, con un tasso di occupazione che è il terzo tra le regioni italiane (70,4%), e un gender gap diminuito a circa 11 punti percentuali (tasso di occupazione maschile al 75.7%, tasso femminile al 64.9%). Considerando la variazione rispetto allo stesso periodo del 2021 l’occupazione in FVG cresce del 6.9%, più dell’intero territorio nazionale (+3%), del Nord-Ovest (+2.7%) e del Nord-Est nel complesso (+2.3%). Se consideriamo il periodo pre-pandemico si tratta della crescita occupazionale più elevata in assoluto tra le regioni italiane, su base semestrale: nei primi sei mesi del 2022 mediamente in FVG gli occupati sono quasi 527mila, nello stesso periodo del 2019 erano 504mila, con una crescita pari al +4.9%. 

La crescita dell’occupazione riguarda tutti i settori economici – manifattura (+6,9%), commercio alberghi e ristoranti (+10,6%), gli altri servizi (+6,2%), l’agricoltura (+10,3%) – ad esclusione delle costruzioni, in lieve calo tendenziale (-0,5%). A crescere è soprattutto l’o ccupazione dipendente, mentre il lavoro indipendente continua ad avere un andamento altalenante, tendente alla contrazione.

L’Osservatorio, analizzando i dati sul II trimestre 2022 rilasciati dall’Istat la scorsa settimana, aggiunge dati più recenti sulle comunicazioni obbligatorie di assunzione, cessazione e trasformazione dei rapporti di lavoro fino a luglio 2022, inquadrandoli nel contesto dell’attuale congiuntura economica fortemente influenzata dalle note conseguenze della guerra tra Ucraina e Russia (inflazione e costo dell’energia), evidenziate dallo studio dell’OCSE. Le assunzioni stanno segnando record continui, indicando un livello elevato di domanda di lavoro: nel periodo gennaio-luglio di quest’anno si rilevano oltre 157mila assunzioni (+19.5% rispetto al 2021), di cui 16.405 a tempo indeterminato (+46.8%), mentre le trasformazioni dal tempo determinato all’i ndeterminato sono 12.247 (+82.8%). Le cessazioni dei rapporti di lavoro sono anch’esse in crescita nel post pandemia, nei primi sette mesi se ne registrano 136mila circa, per un saldo occupazionale (attivazioni al netto delle cessazioni) pari a 33.700 unità. Oltre la metà delle cessazioni, com’è noto, sono scadenze di rapporti a termine, mentre la causa principale di cessazione dai contratti a tempo indeterminato sono ancora le dimissioni volontarie (15.804 nei primi sette mesi di quest’a nno, +43.6% rispetto al 2019), con ricollocazione elevata nel primo mese post-dimissione, a indicare l’e stremo dinamismo sia della domanda che di una parte dell’offerta di lavoro.

Alcuni segnali di un rallentamento emergono dai dati delle assunzioni di luglio 2022 con una crescita dello 0.7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (ma rispetto a luglio 2019 la crescita è del 15.5%) e le ore di CIG che a luglio crescono su base congiunturale a oltre 1milione di ore (a giugno erano quasi 270mila). Ad esclusione di questi segnali, deboli ma significativi, per il resto è chiaro a questo punto che il problema non è più solo una questione quantitativa (occupazione tout court), ma di qualità del lavoro, misurata tanto in termini di stabilità e (relativa) sicurezza occupazionale, quanto di livello salariale e produttività del lavoro, di competenze dei lavoratori e flessibilità degli orari e sedi di lavoro.

L’OCSE fornisce importanti indicazioni sulle politiche da adottare, molte delle quali stanno da anni informando il sistema delle politiche attive del lavoro sul nostro territorio. Oltre a promuovere e rafforzare le politiche che incidano maggiormente sull’offerta di lavoro a bassa qualificazione – in particolare il riferimento è al Programma GOL-PNRR delle politiche attive del lavoro – occorre intervenire sul sistema di relazioni industriali al fine di creare le condizioni per un adeguamento salariale sistemico, e non solamente indotto dai “bonus” o dalla riduzione del costo del lavoro. Altra indicazione importante riguarda la questione dell’orario di lavoro e la relazione tra il benessere dei lavoratori (anche in termini di conciliazione tra lavoro e famiglia) e produttività del lavoro, testualmente: “L’attuazione di politiche sull’orario di lavoro attentamente progettate può migliorare il benessere dei lavoratori preservando l’occupazione e la produttività […] Esiste una maggiore probabilità che tali effetti benefici si verifichino laddove le parti sociali abbiano maggiori possibilità di manovra per negoziare orari, salari e organizzazione del lavoro. ”.
 

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