Trieste, 30 lug - Secco no della Regione alla manodopera
importata in tre settori particolarmente delicati dell'economia
del Friuli Venezia Giulia, ossia edilizia, trasporti e
turistico-alberghiero. Il diniego è frutto di una generalità che
la giunta, su proposta dell'assessore al Lavoro, ha approvato nel
corso della seduta odierna dell'esecutivo.
Il provvedimento prende le mosse dal Decreto flussi del Governo
con il quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha
chiesto alle Regioni quali siano i fabbisogni del territorio
rispetto alla possibilità di accogliere lavoratori stranieri in
determinate categorie in cui l'offerta latita. Nel caso
specifico, il Decreto ha già individuato tre comparti
particolarmente delicati: edilizia, settore turistico-alberghiero
e trasporti.
A gennaio la giunta regionale aveva già declinato l'offerta del
Ministero, chiarendo che il territorio può supplire ad eventuali
mancanze attingendo alle risorse locali, garantendo
contestualmente un'attività formativa specializzante e specifica,
senza, pertanto, ricorrere a integrazioni esterne al territorio
stesso. L'assessore evidenzia inoltre che, a distanza di sei
mesi, la Regione debba ribadire la propria posizione ponendo
l'accento su una serie di aggravanti che rendono la richiesta del
Governo irricevibile. Tra queste il fatto che Roma ha già
quantificato in 6mila unità la platea potenziale di lavoratori da
"importare" (sono 30mila 850 su scala nazionale), ignorando la
linea già espressa dalla Regione. Inoltre non si terrebbe in
debita considerazione il fatto che il virus ha sconquassato il
mercato del lavoro, facendo crollare tutti gli indicatori
economici: sono diminuite le assunzioni (tra gennaio e giugno
-33,2% rispetto al 2019), l'emergenza ha massacrato il lavoro
stagionale, mettendo in enorme difficoltà proprio quel settore
turistico che il Governo centrale vorrebbe sostenere importando
lavoratori extracomunitari.
Per l'esponente dell'esecutivo ci sarebbe poi un terzo punto che
denuncia la totale incapacità di Roma di capire e interpretare
una regione di confine qual è il Friuli Venezia Giulia: sui
trasporti e sull'edilizia, questo territorio subisce già una
concorrenza spietata dai Paesi dei Balcani, che rasenta il
dumping. Per cui servirebbero misure che tutelino i lavoratori
corregionali al posto di provvedimenti che li taglino fuori dal
mercato.
Per la Regione, inoltre, fino allo scorso anno, i flussi del
Decreto circoscrivevano l'area di intervento ai lavori
stagionali, in agricoltura e nel terziario. Dal 2020, invece, il
Ministero ha aperto la porta a richieste legate a un lavoro
subordinato genericamente inteso. Secondo l'assessore regionale,
senza adeguati controlli, si rischierebbe di contribuire alla
legalizzazione del dumping sociale e di prestare il fianco a una
libertà di interpretazione che costituirebbe un elemento di
potenziale allarme sociale. Rispetto a gennaio, lo scenario è
cambiato drasticamente e delinea orizzonti non semplici da
interpretare per i prossimi mesi.
Per la Regione il vero dato politico è capire cosa succederà nei
prossimi mesi, in particolare con l'inizio dell'autunno.
Immaginare di risolvere problemi contingenti importando
lavoratori extracomunitari in settori chiave è, secondo
l'assessore, un atto politicamente suicida. Il ricorso
straordinario agli ammortizzatori sociali e il blocco dei
licenziamenti ha, in parte, attutito il colpo di questa crisi.
Per cui liberalizzare l'ingresso di stranieri avrebbe effetti
devastanti.
ARC/COM/al