Trieste, 17 apr - "La Fieste de Patrie dal Friûl non è una celebrazione nostalgica, ma un impegno rinnovato a custodire e trasmettere alle nuove generazioni la consapevolezza delle proprie radici e della propria identità. La lingua friulana costituisce un elemento essenziale di questo patrimonio: promuoverla nei contesti educativi, nelle istituzioni e nei mezzi di comunicazione è un dovere che ci assumiamo, perché attraverso la lingua passa non solo la memoria, ma anche la capacità di guardare al futuro con consapevolezza".
Questo il passaggio più significativo dell'intervento dell'assessore alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti oggi a Trieste durante la seduta del Consiglio regionale che ha voluto celebrare la Fieste de Patrie dal Friûl che ogni anno cade il 3 aprile.
"Questa ricorrenza - ha sottolineato Roberti - è un'occasione preziosa per riflettere sulla nostra identità, sulla storia e sul ruolo fondamentale che il Friuli ha avuto e continua ad avere nella costruzione di un modello di autonomia responsabile e coesione sociale. È stato proprio il Consiglio regionale, nel 2015, a istituire per legge la Fieste de Patrie dal Friûl, con l'obiettivo di valorizzare le origini, la cultura e la storia di autonomia del popolo friulano".
L'esponente della Giunta Fedriga ha ricordato che ogni anno questa celebrazione si svolge in un luogo diverso del Friuli.
"Quest'anno è stata Sacile ad avere l'onore di ospitarla - ha affermato Roberti -. Si tratta di un luogo simbolico perché proprio qui, nel 1366, il Parlamento della Patria del Friuli approvò le Constitutiones Patriae Fori Iulii, un corpus legislativo straordinariamente avanzato per l'epoca, che regolava l'organizzazione politica, amministrativa e giudiziaria del territorio friulano. Queste norme stabilirono chiaramente diritti e responsabilità dei cittadini, creando così un sistema giuridico autonomo e moderno".
"Di particolare rilevanza - ha aggiunto - fu il riconoscimento di alcune tutele per le donne, alle quali venivano garantiti diritti patrimoniali innovativi per quei tempi: la possibilità di ereditare beni in assenza di eredi maschi, amministrare i propri patrimoni in circostanze definite e proteggere la propria dote. Segni concreti di una società più giusta e di un modello sociale già in evoluzione".
L'assessore alle Autonomie locali ha spiegato che questa capacità di autogoverno, formalizzata nelle Constitutiones del 1366, affondava radici ancora più profonde, risalenti al riconoscimento del Patriarcato di Aquileia come Stato autonomo, il 3 aprile 1077.
"Per oltre tre secoli - ha rimarcato Roberti - il Friuli visse così un periodo di unità e coesione sotto il principato patriarcale, sviluppando una lingua comune, una cultura condivisa e un forte senso di appartenenza".
"Il Patriarcato fu anche esempio di pluralità e convivenza - ha detto l'assessore -. Al fianco della lingua friulana, infatti, erano rispettate e tutelate le lingue e culture delle comunità slovene e germanofone. Un modello di pluralismo che rappresenta ancora oggi un riferimento prezioso in un'Europa in cerca di nuovi equilibri".
Per l'esponente dell'Esecutivo regionale le iniziative delle scorse settimane, coordinate dall'ARLeF (Agjenzie regjonâl pe lenghe furlane) hanno permesso di riscoprire e valorizzare ulteriormente la lingua friulana, le tradizioni e i valori del popolo. In particolare, il recupero della storia di Marcho da Moruzzo, riportata alla luce dopo la "damnatio memoriae" operata dalla Serenissima, ha offerto una testimonianza di fierezza e coerenza fino al sacrificio estremo, che rappresenta un monito forte per le generazioni attuali e future.
"Il Friuli Venezia Giulia, forte della sua autonomia speciale, ha dimostrato concretamente che è possibile coniugare autogoverno e responsabilità, identità e apertura, tradizione e innovazione - ha sostenuto Roberti -. Questo è il contributo che desideriamo continuare a offrire all'Italia e all'Europa: un esempio vivo di coesione nella diversità, di rispetto delle specificità e di solidarietà tra le comunità.
"La Fieste de Patrie dal Friûl rinnova oggi il senso di appartenenza che ci unisce, ricordandoci che siamo custodi di un'eredità preziosa, fatta di istituzioni solide, pluralismo culturale e coesione sociale. Un patrimonio - ha concluso - che deve essere custodito, difeso e trasmesso". ARC/RT