LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157

Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
 
 Vigente al: 26-2-2018  
 

  La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno 
approvato: 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
                              PROMULGA 
la seguente legge: 
                               Art. 1. 
                          (Fauna selvatica) 
  1. La fauna selvatica e' patrimonio indisponibile dello Stato ed e'
tutelata nell'interesse della comunita' nazionale ed internazionale. 
  1-bis. Lo Stato, le regioni e le province autonome, senza  nuovi  o
maggiori oneri per la finanza pubblica, adottano le misure necessarie
per mantenere o adeguare le popolazioni di tutte le specie di uccelli
di cui all'articolo 1  della  direttiva  2009/147/CE  del  Parlamento
europeo e  del  Consiglio,  del  30  novembre  2009,  ad  un  livello
corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche,  turistiche  e
culturali, tenendo conto delle esigenze  economiche  e  ricreative  e
facendo  in  modo  che  le  misure   adottate   non   provochino   un
deterioramento dello stato di conservazione degli uccelli e dei  loro
habitat, fatte salve le finalita' di cui all'articolo 9, paragrafo 1,
lettera a), primo e secondo trattino, della stessa direttiva. 
  2. L'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito  purche'  non
contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non
arrechi danno effettivo alle produzioni agricole. 
  3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme rela-
tive alla gestione ed alla tutela di  tutte  le  specie  della  fauna
selvatica  in  conformita'  alla  presente  legge,  alle  convenzioni
internazionali ed alle direttive comunitarie. Le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome provvedono in  base  alle  competenze
esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi  statuti.  Le  province
attuano la disciplina regionale ai sensi dell'articolo 14,  comma  1,
lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142. 
  4. Le  direttive  79/409/CEE  del  Consiglio  del  2  aprile  1979,
85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985  e  91/244/CEE  della
Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la
conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed
attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la quale
costituisce inoltre attuazione della Convenzione  di  Parigi  del  18
ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978,  n.  812,  e
della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva  con
legge 5 agosto 1981, n. 503. 
  5. Le regioni e le province autonome  in  attuazione  delle  citate
direttive 70/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE provvedono ad istituire
lungo le rotte di migrazione dell'avifauna,  segnalate  dall'Istituto
nazionale per la fauna selvatica di cui all'articolo 7 entro  quattro
mesi dalla data di entrata in vigore della presente  legge,  zone  di
protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme
alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse
limitrofi; provvedono al ripristino  dei  biotopi  distrutti  e  alla
creazione  di  biotopi  ((,   tenuto   conto   di   quanto   previsto
dall'articolo 2, e in conformita' agli articoli 3 e 4 della direttiva
2009/147/CEĀ»)). ((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 6 AGOSTO 2013, N.  97)).
In caso di inerzia delle regioni e delle  province  autonome  per  un
anno dopo la segnalazione da parte  dell'Istituto  nazionale  per  la
fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo,  d'intesa,  il
Ministro   dell'agricoltura   e   delle   foreste   e   il   Ministro
dell'ambiente. 
  5-bis. Le regioni e le province  autonome  adottano  le  misure  di
conservazione di cui agli articoli 4 e 6 del regolamento  di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  e
successive  modificazioni,  per  quanto  possibile,  anche  per   gli
habitatesterni alle zone di protezione  speciale.  Le  regioni  e  le
province autonome provvedono  al-l'  attuazione  del  presente  comma
nell'ambito  delle   risorse   umane,   finanziarie   e   strumentali
disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica. 
  6. Le regioni e le province  autonome  trasmettono  annualmente  al
Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente
una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e  sui  loro
effetti rilevabili. 
  7. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 9 marzo  1989,  n.  86,  il
Ministro  per  il  coordinamento  delle  politiche  comunitarie,   di
concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste  e  con  il
Ministro dell'ambiente, verifica, con la collaborazione delle regioni
e delle province autonome e sentiti il Comitato  tecnico  faunistico-
venatorio nazionale di cui all'articolo 8 e l'Istituto nazionale  per
la fauna selvatica, lo stato di conformita' della  presente  legge  e
delle leggi regionali e provinciali  in  materia  agli  atti  emanati
dalle istituzioni delle Comunita' europee  volti  alla  conservazione
della fauna selvatica. 
  ((7.1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare trasmette periodicamente alla Commissione europea  tutte  le
informazioni a questa utili sull'applicazione pratica della  presente
legge e delle altre norme vigenti in materia, limitatamente a  quanto
previsto dalla direttiva 2009/147/CE)). 
  7-bis. Lo Stato incoraggia le ricerche, i monitoraggi  e  i  lavori
necessari per la protezione,  la  gestione  e  l'utilizzazione  della
popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1 della
citata  direttiva  2009/147/  CE,  con  particolare  attenzione  agli
argomenti elencati nell'allegato V annesso alla  medesima  direttiva.
Il Ministro per le politiche europee,  di  concerto  con  i  Ministri
competenti, trasmette alla Commissione europea tutte le  informazioni
necessarie al coordinamento delle ricerche e dei  lavori  riguardanti
la protezione, la gestione e l'utilizzazione delle specie di  uccelli
di cui al presente comma. Con decreto del  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, da emanare entro centottanta  giorni
dalla data di entrata in vigore  della  presente  disposizione,  sono
stabilite  le  modalita'  di  trasmissione  e  la   tipologia   delle
informazioni che le regioni sono tenute a comunicare.  All'attuazione
del presente comma  si  provvede  nell'ambito  delle  risorse  umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e  senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 
                               Art. 2. 
                       (Oggetto della tutela) 
  1. Fanno parte della fauna selvatica  oggetto  della  tutela  della
presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono
popolazioni  viventi  stabilmente  o  temporaneamente  in  stato   di
naturale liberta'  nel  territorio  nazionale.  Sono  particolarmente
protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie: 
   a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus),
orso  (Ursus  arctos),  martora  (Martes  martes),  puzzola  (Mustela
putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis  sylvestris),
lince (Lynx lynx), foca monaca (Monachus monachus), tutte  le  specie
di  cetacei  (Cetacea),  cervo  sardo  (Cervus  elaphus  corsicanus),
camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica); 
   b) uccelli: marangone minore  (Phalacrocorax  pigmeus),  marangone
dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di  pellicani
(Pelecanidae), tarabuso (Botaurus  stellaris),  tutte  le  specie  di
cicogne  (Ciconiidae),  spatola  (Platalea  leucorodia),   mignattaio
(Plegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno re-
ale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca  (Tadorna
tadorna), fistione turco  (Netta  rufina),  gobbo  rugginoso  (Oxyura
leucocephala), tutte le specie di rapaci  diurni  (Accipitriformes  e
falconiformes), pollo sultano  (Porphyrio  porphyrio),  otarda  (Otis
tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus  grus),  piviere
tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra  avosetta),
cavaliere  d'Italia  (Himantopus  himantopus),   occhione   (Burhinus
oedicnemus), pernice di mare (Glareola  pratincola),  gabbiano  corso
(Larus  audouinii),  gabbiano   corallino   (Larus   melanocephalus),
gabbiano  roseo  (Larus  genei),   sterna   zampenere   (Gelochelidon
nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia), tutte le specie di rapaci
notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus),  tutte
le  specie  di  picchi  (Picidae),  gracchio  corallino  (Pyrrhocorax
pyrrhocorax); 
   c) tutte le altre specie che direttive comunitarie  o  convenzioni
internazionali o apposito decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri indicano come minacciate di estinzione. 
  ((2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe,  ai
ratti, ai topi propriamente detti, alle  nutrie,  alle  arvicole.  In
ogni caso, per le specie alloctone, comprese quelle di cui al periodo
precedente, con esclusione delle specie individuate dal  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  19
gennaio 2015,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  31  del  7
febbraio 2015, la gestione e' finalizzata all'eradicazione o comunque
al  controllo  delle  popolazioni;  gli  interventi  di  controllo  o
eradicazione sono realizzati come disposto dall'articolo 19)). 
  2-bis. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 28 DICEMBRE 2015, N. 221)). 
  3. Il controllo del livello  di  popolazione  degli  uccelli  negli
aeroporti, ai fini della sicurezza aerea, e' affidato al Ministro dei
trasporti. 
                               Art. 3. 
                      (Divieto di uccellagione) 
  1. E' vietata in  tutto  il  territorio  nazionale  ogni  forma  di
uccellagione e di  cattura  di  uccelli  e  di  mammiferi  selvatici,
nonche' il prelievo di uova, nidi e piccoli nati. 
                               Art. 4 
                 Cattura temporanea e inanellamento 
 
  1. Le regioni, su  parere  dell'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica,   possono   autorizzare   esclusivamente   gli    istituti
scientifici  delle  universita'  e  del  Consiglio  nazionale   delle
ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di  stu-
dio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di  mammiferi
ed uccelli, nonche' il prelievo di uova, nidi e piccoli nati. 
  2. L'attivita' di  cattura  temporanea  per  l'inanellamento  degli
uccelli a scopo scientifico e' organizzata e  coordinata  sull'intero
territorio nazionale dall'Istituto nazionale per la fauna  selvatica;
tale attivita' funge da schema nazionale  di  inanellamento  in  seno
all'Unione  europea  per  l'inanellamento  (EURING).  L'attivita'  di
inanellamento  puo'  essere  svolta  esclusivamente  da  titolari  di
specifica  autorizzazione,  rilasciata  dalle   regioni   su   parere
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale
parere e'  subordinata  alla  partecipazione  a  specifici  corsi  di
istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento  del
relativo esame finale. 
  ((3. L'attivita' di cattura per l'inanellamento e per  la  cessione
ai fini di richiamo puo'  essere  svolta  esclusivamente  con  mezzi,
impianti  o  metodi  di  cattura  che  non  sono  vietati  ai   sensi
dell'allegato IV alla direttiva 2009/147/CE  da  impianti  della  cui
autorizzazione siano titolari le province  e  che  siano  gestiti  da
personale qualificato e valutato idoneo dall'ISPRA.  L'autorizzazione
alla gestione di tali impianti e' concessa dalle  regioni  su  parere
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il
quale svolge  altresi'  compiti  di  controllo  e  di  certificazione
dell'attivita' svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo
di attivita')). 
  4. La cattura per la cessione a fini di richiamo e' consentita solo
per esemplari appartenenti alle seguenti  specie:  allodola;  cesena;
tordo sassello; tordo bottaccio; merlo; pavoncella e colombaccio. Gli
esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono
essere inanellati ed immediatamente liberati. 
  5. E' fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene  uccelli
inanellati di darne  notizia  all'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica o al comune nel cui territorio e'  avvenuto  il  fatto,  il
quale provvede ad informare il predetto Istituto. 
  6. Le regioni emanano norme in ordine al soccorso, alla  detenzione
temporanea e  alla  successiva  liberazione  di  fauna  selvatica  in
difficolta'. 
                               Art. 5. 
     (Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi) 
  1. Le regioni, su  parere  dell'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento, la  vendita
e  la  detenzione  di  uccelli  allevati  appartenenti  alle   specie
cacciabili, nonche' il loro uso in funzione di richiami. 
  2. Le regioni emanano altresi' norme relative alla  costituzione  e
gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle
specie  di  cui  all'articolo  4,  comma  4,  consentendo,  ad   ogni
cacciatore che eserciti l'attivita' venatoria ai sensi  dell'articolo
12, comma 5, lettera b), la detenzione di un numero massimo di  dieci
unita' per ogni specie, fino ad un massimo  complessivo  di  quaranta
unita'. Per i cacciatori  che  esercitano  l'attivita'  venatoria  da
appostamento temporaneo con richiami vivi, il patrimonio di cui sopra
non potra' superare il numero massimo complessivo di dieci unita'. 
  3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione degli appostamenti
fissi, che le province rilasciano in numero non  superiore  a  quello
rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990. 
  ((3-bis.  L'autorizzazione  rilasciata  ai  sensi   del   comma   3
costituisce titolo abilitativo e condizione per la  sistemazione  del
sito e  l'istallazione  degli  appostamenti  strettamente  funzionali
all'attivita',   che    possono    permanere    fino    a    scadenza
dell'autorizzazione stessa e che, fatte salve le preesistenze a norma
delle leggi vigenti,  non  comportino  alterazione  permanente  dello
stato dei luoghi, abbiano natura precaria, siano realizzati in  legno
o con altri materiali  leggeri  o  tradizionali  della  zona,  o  con
strutture  in  ferro  anche  tubolari,  o  in  prefabbricato   quando
interrati o immersi, siano privi  di  opere  di  fondazione  e  siano
facilmente    ed    immediatamente    rimuovibili    alla    scadenza
dell'autorizzazione. 
  3-ter. Le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
definiscono con proprie norme le caratteristiche  degli  appostamenti
nel rispetto del comma 3-bis)). 
  4. L'autorizzazione di cui al comma  3  puo'  essere  richiesta  da
coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria 1989-1990.  Ove
si realizzi una  possibile  capienza,  l'autorizzazione  puo'  essere
richiesta dagli ultrasessantenni nel rispetto delle  priorita'  defi-
nite dalle norme regionali. 
  5. Non sono considerati fissi ai sensi e per  gli  effetti  di  cui
all'articolo 12,  comma  5,  gli  appostamenti  per  la  caccia  agli
ungulati e ai colombacci e gli appostamenti di cui  all'articolo  14,
comma 12. 
  6. L'accesso con armi proprie all'appostamento fisso con  l'uso  di
richiami vivi e' consentito unicamente a coloro che hanno optato  per
la forma di caccia di cui all'articolo 12, comma 5, lettera b). Oltre
al titolare,  possono  accedere  all'appostamento  fisso  le  persone
autorizzate dal titolare medesimo. 
  7. E' vietato  l'uso  di  richiami  che  non  siano  identificabili
mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali  che
disciplinano anche la procedura in materia. 
  8. La sostituzione di un richiamo  puo'  avvenire  soltanto  dietro
presentazione all'ente competente del richiamo morto da sostituire. 
  9. E' vietata la vendita di uccelli di  cattura  utilizzabili  come
richiami vivi per l'attivita' venatoria. 
                               Art. 6. 
                            (Tassidermia) 
  1. Le regioni, sulla base  di  apposito  regolamento,  disciplinano
l'attivita' di tassidermia ed imbalsamazione e  la  detenzione  o  il
possesso di preparazioni tassidermiche e trofei. 
  2.  I  tassidermisti  autorizzati  devono  segnalare  all'autorita'
competente le richieste di impagliare o imbalsamare spoglie di specie
protette o comunque non cacciabili ovvero  le  richieste  relative  a
spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi  diversi  da  quelli
previsti nel calendario venatorio  per  la  caccia  della  specie  in
questione. 
  3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2  comporta  la
revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attivita'  di  tassidermista,
oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente  esemplari
di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori
dei periodi fissati nel calendario venatorio. 
  4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un anno  dalla  data
di entrata in vigore della presente  legge,  un  regolamento  atto  a
disciplinare l'attivita' di tassidermia ed imbalsamazione di  cui  al
comma 1. 
                               Art. 7 
             (Istituto nazionale per la fauna selvatica) 
 
  1.  L'Istituto  nazionale  di  biologia  della  selvaggina  di  cui
all'articolo 35 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge  assume  la  denominazione  di
Istituto nazionale per la  fauna  selvatica  (INFS)  ed  opera  quale
organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le
regioni e le province. 
  2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con  sede  centrale
in Ozzano dell'Emilia (Bologna), e'  sottoposto  alla  vigilanza  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . Il
Presidente del Consiglio dei ministri,  di  intesa  con  le  regioni,
definisce nelle norme regolamentari dell'Istituto  nazionale  per  la
fauna selvatica l'istituzione di unita' operative tecniche consultive
decentrate   che   forniscono   alle   regioni   supporto   per    la
predisposizione dei piani regionali. 
  3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica  ha  il  compito  di
censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di
studiarne  lo  stato,  l'evoluzione  ed  i  rapporti  con  le   altre
componenti  ambientali,   di   elaborare   progetti   di   intervento
ricostitutivo o migliorativo sia delle comunita'  animali  sia  degli
ambienti al fine della  riqualificazione  faunistica  del  territorio
nazionale, di effettuare e di coordinare l'attivita' di inanellamento
a scopo scientifico sull'intero territorio italiano,  di  collaborare
con gli organismi stranieri ed in particolare con  quelli  dei  Paesi
della  Comunita'  economica  europea  aventi   analoghi   compiti   e
finalita', di collaborare con le universita' e gli altri organismi di
ricerca  nazionali,  di  controllare  e   valutare   gli   interventi
faunistici operati  dalle  regioni  e  dalle  province  autonome,  di
esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo  Stato,  dalle
regioni e dalle province autonome. 
  4.  Presso  l'Istituto  nazionale  per  la  fauna  selvatica   sono
istituiti una scuola  di  specializzazione  post-universitaria  sulla
biologia  e  la  conservazione  della  fauna  selvatica  e  corsi  di
preparazione professionale per la gestione della fauna selvatica  per
tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla data  di  entrata  in  vigore
della presente  legge  una  commissione  istituita  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, composta da un  rappresentante
del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da  un  rappresentante
del Ministro dell'ambiente, da un rappresentante del  Ministro  della
sanita' e dal direttore generale dell'Istituto nazionale di  biologia
della selvaggina in carica alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, provvede ad adeguare lo statuto e la pianta  organica
dell'Istituto ai nuovi compiti previsti dal presente  articolo  e  li
sottopone al Presidente del Consiglio dei ministri,  che  li  approva
con proprio decreto. Con regolamento, da  adottare  con  decreto  del
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono
disposte tutte le successive modificazioni statutarie che si  rendano
necessarie  per  rimodulare  l'assetto  organizzativo  e  strutturale
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica,  onde  consentire  ad
esso l'ottimale svolgimento dei propri compiti, in modo da realizzare
una piu' efficiente e razionale gestione  delle  risorse  finanziarie
disponibili. ((7)) 
  5. Per  l'attuazione  dei  propri  fini  istituzionali,  l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica provvede direttamente alle attivita'
di cui all'articolo 4. 
  6. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica e'  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato  nei  giudizi  attivi  e
passivi avanti  l'autorita'  giudiziaria,  i  collegi  arbitrali,  le
giurisdizioni amministrative e speciali. 
    
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AGGIORNAMENTO (7) 
  Il D.L. 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito,  con  modificazioni,
dalla L. 26 febbraio 2010, n. 26, ha  disposto  (con  l'art.  17-bis,
comma 1)  che  "In  considerazione  del  carattere  strategico  della
formazione e della ricerca per attuare e sviluppare, con efficienza e
continuita', le politiche di gestione del  ciclo  dei  rifiuti  e  di
protezione e valorizzazione delle risorse ambientali,  la  scuola  di
specializzazione di cui all'articolo  7,  comma  4,  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, a decorrere  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, assume la denominazione di "Scuola  di  specializzazione  in
discipline ambientali". 
                               Art. 8. 
          (Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale) 
  1.  Presso  il  Ministero  dell'agricoltura  e  delle  foreste   e'
istituito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale  (CTFVN)
composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'agricoltura
e  delle  foreste,  da  tre  rappresentanti  nominati  dal   Ministro
dell'ambiente, da tre rappresentanti  delle  regioni  nominati  dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano, da tre rappresentanti delle
province nominati dall'Unione delle province d'Italia, dal  direttore
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, da un  rappresentante
per  ogni  associazione  venatoria  nazionale  riconosciuta,  da  tre
rappresentanti   delle    organizzazioni    professionali    agricole
maggiormente  rappresentative  a  livello   nazionale,   da   quattro
rappresentanti delle associazioni di protezione  ambientale  presenti
nel  Consiglio  nazionale  per  l'ambiente,  da   un   rappresentante
dell'Unione  zoologica  italiana,  da  un  rappresentante   dell'Ente
nazionale  per  la  cinofilia  italiana,  da  un  rappresentante  del
Consiglio internazionale della caccia  e  della  conservazione  della
selvaggina,  da  un  rappresentante  dell'Ente   nazionale   per   la
protezione degli  animali,  da  un  rappresentante  del  Club  alpino
italiano. 
  2.  Il   Comitato   tecnico   faunistico-venatorio   nazionale   e'
costituito, entro un anno dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di
cui al comma 1 ed e' presieduto dal Ministro dell'agricoltura e delle
foreste o da un suo delegato. 
  3. Al Comitato sono conferiti compiti di organo tecnico  consultivo
per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge. 
  4.  Il  Comitato  tecnico  faunistico-venatorio   nazionale   viene
rinnovato ogni cinque anni. 
                               Art. 9. 
                      (Funzioni amministrative) 
  1.  Le   regioni   esercitano   le   funzioni   amministrative   di
programmazione  e  di  coordinamento  ai  fini  della  pianificazione
faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i  compiti  di
orientamento, di controllo  e  sostitutivi  previsti  dalla  presente
legge e dagli statuti regionali. Alle province spettano  le  funzioni
amministrative in materia di  caccia  e  di  protezione  della  fauna
secondo quanto previsto dalla  legge  8  giugno  1990,  n.  142,  che
esercitano nel rispetto della presente legge. 
  2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome  esercitano
le  funzioni  amministrative  in  materia  di  caccia  in  base  alle
competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti. 
                              Art. 10. 
                     (Piani faunistico-venatori) 
  1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale e' soggetto a
pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per  quanto  attiene
alle specie carnivore, alla conservazione delle  effettive  capacita'
riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto
riguarda le altre specie, al conseguimento della densita' ottimale  e
alla sua conservazione mediante  la  riqualificazione  delle  risorse
ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. 
  2. Le regioni e le province, con le modalita'  ai  commi  7  e  10,
realizzano  la  pianificazione  di  cui  al  comma  1   mediante   la
destinazione differenziata del territorio. 
  3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione e'  destinato
per una quota dal 20  al  30  per  cento  a  protezione  della  fauna
selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi  di  ciascuna
regione, che costituisce una zona  faunistica  a  se'  stante  ed  e'
destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per  cento.  In
dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque  vietata
l'attivita'  venatoria  anche  per   effetto   di   altri   leggi   o
disposizioni. 
  4. Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende anche  i
territori di cui al comma 8, lettera a), b)  e  c).  Si  intende  per
protezione il divieto di  abbattimento  e  cattura  a  fini  venatori
accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna,
la riproduzione, la cura della prole. 
  5.  Il  territorio  agro-silvo-pastorale  regionale   puo'   essere
destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a caccia
riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e  a
centri privati di  riproduzione  della  fauna  selvatica  allo  stato
naturale. 
  6.  Sul  rimanente  territorio  agro-silvo-pastorale   le   regioni
promuovono forme di gestione programmata  della  caccia,  secondo  le
modalita' stabilite dall'articolo 14. 
  7. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-
pastorale le province predispongono,  articolandoli  per  comprensori
omogenei,  piani  faunistico-venatori.  Le   province   predispongono
altresi'  piani  di  miglioramento  ambientale  tesi  a  favorire  la
riproduzione naturale di fauna selvatica nonche' piani di  immissione
di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti  in
soprannumero nei parchi nazionali e  regionali  ed  in  altri  ambiti
faunistici, salvo  accertamento  delle  compatibilita'  genetiche  da
parte dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica  e  sentite  le
organizzazioni professionali agricole presenti nel  Comitato  tecnico
faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali. 
  8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono: 
   a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla  riproduzione
ed alla sosta della fauna selvatica; 
   b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione
della fauna selvatica allo  stato  naturale  ed  alla  cattura  della
stessa per l'immissione sul territorio in tempi  e  condizioni  utili
all'ambientamento fino alla  ricostituzione  e  alla  stabilizzazione
della densita' faunistica ottimale per il territorio; 
   c) i centri pubblici di riproduzione della  fauna  selvatica  allo
stato  naturale,  ai  fini  di   ricostituzione   delle   popolazioni
autoctone; 
   d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo  stato
naturale,  organizzati  in  forma  di   azienda   agricola   singola,
consortile o cooperativa, ove e' vietato  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria  ed  e'  consentito  il  prelievo   di   animali   allevati
appartenenti a specie cacciabili da parte del  titolare  dell'impresa
agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente in-
dicate; 
   e) le zone e i periodi per  l'addestramento,  l'allenamento  e  le
gare di cani anche su fauna selvatica naturale o  con  l'abbattimento
di fauna di allevamento appartenente  a  specie  cacciabili,  la  cui
gestione puo' essere affidata ad associazioni  venatorie  e  cinofile
ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati; 
   f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore  dei
conduttori dei  fondi  rustici  per  i  danni  arrecati  dalla  fauna
selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate  su  fondi
vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); 
   g) i criteri della corresponsione degli incentivi  in  favore  dei
proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati,  che
si impegnino alla tutela ed al ripristino degli  habitat  naturali  e
all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui  alle  lettere
a) e b); 
   h) l'identificazione  delle  zone  in  cui  sono  collocabili  gli
appostamenti fissi. 
  9. Ogni zona dovra' essere indicata da tabelle perimetrali,  esenti
da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte  a
cura dell'ente, associazione o privato che si preposto  o  incaricato
della gestione della singola zona. 
  10.  Le  regioni  attuano  la  pianificazione  faunistico-venatoria
mediante il coordinamento dei piani provinciali di  cui  al  comma  7
secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica
garantisce la omogeneita' e la  congruenza  a  norma  del  comma  11,
nonche' con l'esercizio di poteri sostitutivi  nel  caso  di  mancato
adempimento da parte delle province dopo dodici mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge. 
  11. Entro quattro mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica trasmette
al  Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste   e   al   Ministro
dell'ambiente il primo  documento  orientativo  circa  i  criteri  di
omogeneita'  e  congruenza   che   orienteranno   la   pianificazione
faunistico-venatoria. I Ministri, d'intesa, trasmettono alle  regioni
con proprie osservazioni i criteri  della  programmazione,  che  deve
essere  basata  anche  sulla  conoscenza  delle   risorse   e   della
consistenza  faunistica,  da  conseguirsi  anche  mediante  modalita'
omogenee di rilevazione e di censimento. 
  12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per
la individuazione dei territori da  destinare  alla  costituzione  di
aziende faunistico-venatorie, di aziende  agri-turistico-venatorie  e
di centri privati di riproduzione della fauna  selvatica  allo  stato
naturale. 
  13. La deliberazione che  determina  il  perimetro  delle  zone  da
vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e c), deve essere
notificata ai  proprietari  o  conduttori  dei  fondi  interessati  e
pubblicata  mediante  affissione   all'albo   pretorio   dei   comuni
territorialmente interessati. 
  14.  Qualora  nei  successivi  sessanta   giorni   sia   presentata
opposizione motivata, in carta semplice ed esente da  oneri  fiscali,
da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il
40 per cento della superficie complessiva che si  intende  vincolare,
la zona non puo' essere istituita. 
  15. Il consenso si intende validamente accordato anche nel caso  in
cui non sia stata presentata formale opposizione. 
  16. Le regioni, in via eccezionale,  ed  in  vista  di  particolari
necessita' ambientali, possono disporre la costituzione  coattiva  di
oasi di protezione e di zone  di  ripopolamento  e  cattura,  nonche'
l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7. 
  17. Nelle zone non vincolate per  la  opposizione  manifestata  dai
proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in  ogni  caso,
precluso l'esercizio dell'attivita'  venatoria.  Le  regioni  possono
destinare  le  suddette  aree  ad   altro   uso   nell'ambito   della
pianificazione faunistico-venatoria. 
                              Art. 11. 
                    (Zona faunistica delle Alpi) 
  1. Agli effetti della presente  legge  il  territorio  delle  Alpi,
individuabile nella consistente presenza della tipica flora  e  fauna
alpina, e' considerato zona faunistica a se' stante. 
  2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali  di  cui  al
comma 1, emanano, nel rispetto dei principi generali  della  presente
legge e degli accordi internazionali, norme particolari  al  fine  di
proteggere  la  caratteristica  fauna  e   disciplinare   l'attivita'
venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali. 
  3. Al fine di ripristinare l'integrita' del  biotopo  animale,  nei
territori ove sia esclusivamente presente la tipica fauna  alpina  e'
consentita la immissione di specie autoctone previo parere favorevole
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. 
  4. Le regioni  nei  cui  territori  sono  compresi  quelli  alpini,
d'intesa con le regioni a statuto speciale e con le province autonome
di Trento e di Bolzano, determinano i confini della  zona  faunistica
delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse. 
                              Art. 12. 
                (Esercizio dell'attivita' venatoria) 
  1. L'attivita' venatoria si svolge per una concessione che lo Stato
rilascia ai cittadini che la richiedano e che posseggano i  requisiti
previsti dalla presente legge. 
  2.   Costituisce   esercizio   venatorio    ogni    atto    diretto
all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego
dei mezzi di cui all'articolo 13. 
  3. E' considerato altresi'  esercizio  venatorio  il  vagare  o  il
soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo  o  in  attitudine  di
ricerca  della  fauna  selvatica  o  di  attesa  della  medesima  per
abbatterla. 
  4. Ogni altro modo  di  abbattimento  e'  vietato,  salvo  che  non
avvenga per caso fortuito o per forza maggiore. 
  5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco  o  con  il  falco,
l'esercizio venatorio stesso puo' essere praticato in  via  esclusiva
in una delle seguenti forme: 
   a) vagante in zona Alpi; 
   b) da appostamento fisso; 
   c)  nell'insieme  delle  altre  forme   di   attivita'   venatoria
consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente  territorio
destinato all'attivita' venatoria programmata. 
  6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio  venatorio  nel
rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene  a  colui
che l'ha cacciata. 
  7.  Non  costituisce  esercizio  venatorio  il  prelievo  di  fauna
selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo  10,  comma
8, lettera d). 
  8. L'attivita'  venatoria  puo'  essere  esercitata  da  chi  abbia
compiuto il diciottesimo anno di eta' e sia munito della  licenza  di
porto di fucile per uso di caccia, di  polizza  assicurativa  per  la
responsabilita' civile verso terzi derivante dall'uso  delle  armi  o
degli arnesi utili all'attivita' venatoria, con massimale di lire  un
miliardo per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni per ogni  persona
danneggiata e lire 250 milioni  per  danni  ad  animali  ed  a  cose,
nonche' di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio
dell'attivita' venatoria, con massimale di lire 100 milioni per morte
o invalidita' permanente. 
  9.  Il  Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste,  sentito  il
Comitato  tecnico  faunistico-venatorio  nazionale,   provvede   ogni
quattro  anni,  con  proprio  decreto,  ad  aggiornare  i   massimali
suddetti. 
  10. In caso di sinistro colui che ha subito il danno puo' procedere
ad azione diretta nei  confronti  della  compagnia  di  assicurazione
presso la quale colui  che  ha  causato  il  danno  ha  contratto  la
relativa polizza. 
  11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validita' su
tutto il territorio nazionale e consente  l'esercizio  venatorio  nel
rispetto delle norme di cui alla presente legge e delle norme emanate
dalle regioni. 
  12. Ai fini dell'esercizio  dell'attivita'  venatorio  e'  altresi'
necessario il possesso di  un  apposito  tesserino  rilasciato  dalla
regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme  inerenti
il calendario regionale, nonche' le forme di cui al  comma  5  e  gli
ambiti  territoriali  di  caccia  ove   e'   consentita   l'attivita'
venatoria. Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da  quella
di residenza e' necessario  che,  a  cura  di  quest'ultima,  vengano
apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate. 
  ((12-bis. La fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta  deve
essere annotata sul tesserino venatorio di cui  al  comma  12  subito
dopo l'abbattimento)). 
                              Art. 13. 
          (Mezzi per l'esercizio dell'attivita' venatoria) 
  1. L'attivita' venatoria e' consentita con  l'uso  del  fucile  con
canna  ad  anima  liscia  fino  a  due   colpi,   a   ripetizione   e
semiautomatico, con caricatore contenente non piu' di  due  cartucce,
di calibro non superiore al 12, nonche' con fucile con canna ad anima
rigata a caricamento singolo manuale o a  ripetizione  semiautomatica
di calibro non inferiore a millimetri 5,6  con  bossolo  a  vuoto  di
altezza non inferiore a millimetri 40. I  caricatori  dei  fucili  ad
anima rigata a ripetizione semiautomatica non possono contenere  piu'
di  due  cartucce  durante  l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  e
possono contenere fino a cinque cartucce limitatamente  all'esercizio
della caccia al cinghiale. (9) 
  2. E' consentito, altresi', l'uso del fucile  a  due  o  tre  canne
(combinato), di cui  una  o  due  ad  anima  liscia  di  calibro  non
superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore
a millimetri 5,6, nonche' l'uso dell'arco e del falco. 
  ((2-bis. In deroga a quanto previsto dai commi 1 e  2,  l'attivita'
venatoria non e' consentita con l'uso del fucile  rientrante  tra  le
armi  da  fuoco  semiautomatiche  somiglianti  ad  un'arma  da  fuoco
automatica, di cui alla categoria B, punto 7,  dell'allegato  I  alla
direttiva 91/477/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991,  nonche'  con
l'uso di armi  e  cartucce  a  percussione  anulare  di  calibro  non
superiore a 6 millimetri Flobert)). 
  3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore
e non lasciati sul luogo di caccia. 
  4. Nella zona faunistica delle Alpi e' vietato l'uso del fucile con
canna ad anima liscia  a  ripetizione  semiautomatica  salvo  che  il
relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere piu' di  un
colpo. 
  5. Sono vietati tutte le armi  e  tutti  i  mezzi  per  l'esercizio
venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo. 
  6. Il titolare della licenza di porto di fucile anche  per  uso  di
caccia e' autorizzato, per l'esercizio venatorio,  a  portare,  oltre
alle armi consentite, gli utensili da punta e  da  taglio  atti  alle
esigenze venatorie. 
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AGGIORNAMENTO (9) 
  Il D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204 ha disposto (con l'art. 6,  comma
6) che "Per armi da caccia di cui al comma 1 dell'articolo  13  della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, s'intendono, tra i  fucili  ad  anima
rigata, le carabine con canna ad anima rigata a  caricamento  singolo
manuale  o  a  ripetizione  semiautomatica,  qualora  siano  in  essi
camerabili cartucce in calibro 5,6 millimetri con bossolo a vuoto  di
altezza uguale o superiore a millimetri 40, nonche'  i  fucili  e  le
carabine   ad   anima   rigata   dalle    medesime    caratteristiche
tecnico-funzionali che utilizzano cartucce  di  calibro  superiore  a
millimetri 5,6, anche se il bossolo a vuoto e' di altezza inferiore a
millimetri 40. " 
                              Art. 14. 
                 (Gestione programmata della caccia) 
  1. Le  regioni,  con  apposite  norme,  sentite  le  organizzazioni
professionali  agricole  maggiormente   rappresentative   a   livello
nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-
silvo-pastorale  destinato   alla   caccia   programmata   ai   sensi
dell'articolo 10, comma 6,  in  ambiti  territoriali  di  caccia,  di
dimensioni subprovinciali, possibilmente  omogenei  e  delimitati  da
confini naturali. 
  2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate,  possono,
altresi', individuare  ambiti  territoriali  di  caccia  interessanti
anche due o piu' province contigue. 
  3. Il Ministero dell'agricoltura e  delle  foreste  stabilisce  con
periodicita' quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice  di
densita' venatoria minima per ogni  ambito  territoriale  di  caccia.
Tale indice e' costituito dal rapporto fra il numero dei  cacciatori,
ivi  compresi  quelli  che   praticano   l'esercizio   venatorio   da
appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale nazionale. 
  4.  Il  Ministero  dell'agricoltura  e  delle  foreste   stabilisce
altresi' l'indice di densita'  venatoria  minima  per  il  territorio
compreso nella zona faunistica  delle  Alpi  che  e'  organizzato  in
comprensori secondo le consuetudini e tradizioni locali. Tale  indice
e' costituito dal rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi
quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento  fisso,  e
il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4,
nella zona faunistica delle Alpi. 
  5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore,  previa  domanda
all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in  un  ambito
territoriale di caccia o in un  comprensorio  alpino  compreso  nella
regione in cui risiede e puo' avere accesso  ad  altri  ambiti  o  ad
altri comprensori anche  compresi  in  una  diversa  regione,  previo
consenso dei relativi organi di gestione. 
  6. Entro il 30 novembre 1993 i cacciatori comunicano alla provincia
di residenza la propria opzione ai sensi dell'articolo 12.  Entro  il
31 dicembre 1993 le province trasmettono i relativi dati al Ministero
dell'agricoltura e delle foreste. 
  7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma
6, il  Ministero  dell'agricoltura  e  delle  foreste  comunica  alle
regioni e alle province gli indici di densita' minima di cui ai commi
3  e  4.  Nei  successivi  novanta  giorni  le  regioni  approvano  e
pubblicano  il  piano  faunistico-venatorio  e  il   regolamento   di
attuazione, che non  puo'  prevedere  indici  di  densita'  venatoria
inferiori a quelli stabiliti dal Ministero dell'agricoltura  e  delle
foreste. Il regolamento di attuazione del piano  faunistico-venatorio
deve prevedere, tra l'altro, le modalita' di prima costituzione degli
organi  direttivi  degli  ambiti  territoriali  di   caccia   e   dei
comprensori alpini, la loro durata in carica nonche' le  norme  rela-
tive alla loro prima elezione e ai  successivi  rinnovi.  Le  regioni
provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del  piano  faunistico-
venatorio  e  del  regolamento   di   attuazione   con   periodicita'
quinquennale. 
  8. E' facolta' degli organi direttivi degli ambiti territoriali  di
caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di  ammettere
nei rispettivi  territori  di  competenza  un  numero  di  cacciatori
superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purche'  si
siano accertate, anche mediante  censimenti,  modificazioni  positive
della popolazione faunistica e siano stabiliti con legge regionale  i
criteri di priorita'  per  l'ammissibilita'  ai  sensi  del  presente
comma. 
  9. Le regioni stabiliscono con legge le  forme  di  partecipazione,
anche  economica,  dei  cacciatori  alla  gestione,   per   finalita'
faunistico-venatorie,   dei   territori   compresi    negli    ambiti
territoriali di caccia e nei comprensori alpini ed, inoltre,  sentiti
i relativi organi, definiscono il numero dei cacciatori non residenti
ammissibili e ne regolamentano l'accesso. 
  10. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve
essere   assicurata   la   presenza   paritaria,   in   misura   pari
complessivamente al 60 per cento dei componenti,  dei  rappresentanti
di  strutture  locali  delle  organizzazioni  professionali  agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni
venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in  forma  organizzata
sul territorio. Il 20 per  cento  dei  componenti  e'  costituito  da
rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti  nel
Consiglio  nazionale  per  l'ambiente  e   il   20   per   cento   da
rappresentanti degli enti locali. 
  11. Negli ambiti territoriali di  caccia  l'organismo  di  gestione
promuove e organizza  le  attivita'  di  ricognizione  delle  risorse
ambientali e della consistenza faunistica, programma  gli  interventi
per il miglioramento  degli  habitat,  provvede  all'attribuzione  di
incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per: 
   a) la ricostituzione di una presenza faunistica  ottimale  per  il
territorio;  le  coltivazioni  per   l'alimentazione   naturale   dei
mammiferi  e  degli  uccelli  soprattutto  nei  terreni  dismessi  da
interventi agricoli ai sensi del regolamento  (CEE)  n.  1094/88  del
Consiglio del 25 aprile 1988;  il  ripristino  di  zone  umide  e  di
fossati; la differenziazione delle colture; la coltivazione di siepi,
cespugli, alberi adatti alla nidificazione; 
   b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica  nonche'
dei riproduttori; 
   c) la collaborazione operativa ai  fini  del  tabellamento,  della
difesa preventiva delle  coltivazioni  passibili  di  danneggiamento,
della pasturazione invernale  degli  animali  in  difficolta',  della
manutenzione  degli  apprestamenti  di  ambientamento   della   fauna
selvatica. 
  12. Le province autorizzano  la  costituzione  ed  il  mantenimento
degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui  ubicazione  non
deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio. 
Per  gli  appostamenti  che  importino  preparazione  del  sito   con
modificazione e occupazione stabile del  terreno,  e'  necessario  il
consenso del proprietario o del conduttore del fondo, lago  o  stagno
privato. Agli appostamenti fissi, costituiti alla data di entrata  in
vigore della presente legge, per la durata che sara'  definita  dalle
norme regionali, non e' applicabile l'articolo 10, comma  8,  lettera
h). 
  13. L'appostamento temporaneo e' inteso come caccia vagante  ed  e'
consentito a condizione che non si produca modifica di sito. 
  14. L'organo  di  gestione  degli  ambiti  territoriali  di  caccia
provvede, altresi', all'erogazione di contributi per il  risarcimento
dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna  selvatica  e
dall'esercizio dell'attivita' venatoria nonche'  alla  erogazione  di
contributi per interventi,  previamente  concordati,  ai  fini  della
prevenzione dei danni medesimi. 
  15. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti  di  cui  al
presente articolo, il Ministro dell'agricoltura e delle  foreste,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente, assegna ad esse il termine di
novanta giorni  per  provvedere,  decorso  inutilmente  il  quale  il
Presidente del Consiglio dei ministri provvede  in  via  sostitutiva,
previa deliberazione del  Consiglio  dei  ministri  su  proposta  del
Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste,  di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente. 
  16. A  partire  dalla  stagione  venatoria  1995-1996  i  calendari
venatori delle province devono  indicare  le  zone  dove  l'attivita'
venatoria e' consentita in forma programmata, quelle  riservate  alla
gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio  venatorio  non
e' consentito. 
  17. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di  Trento
e di Bolzano, in base alle  loro  competenze  esclusive,  nei  limiti
stabiliti dai rispettivi statuti ed ai sensi  dell'articolo  9  della
legge 9 marzo 1989, n. 86, e nel rispetto dei principi della presente
legge,  provvedono  alla  pianificazione  faunistico-venatoria,  alla
suddivisione  territoriale,  alla   determinazione   della   densita'
venatoria, nonche' alla regolamentazione per  l'esercizio  di  caccia
nel territorio di competenza. 
                              Art. 15. 
(Utilizzazione dei fondi ai fini  della  gestione  programmata  della
                               caccia) 
  1. Per l'utilizzazione dei  fondi  inclusi  nel  piano  faunistico-
venatorio regionale ai fini della gestione programmata della  caccia,
e' dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a
cura della amministrazione regionale in  relazione  alla  estensione,
alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela  e  alla
valorizzazione dell'ambiente. 
  2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo  di  cui  al
comma 1, si provvede con il gettito derivante dalla istituzione delle
tasse di concessione regionale di cui all'articolo 23. 
  3. Il proprietario o conduttore di un  fondo  che  intenda  vietare
sullo stesso l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  deve  inoltrare,
entro  trenta  giorni  dalla  pubblicazione  del  piano   faunistico-
venatorio, al presidente della giunta  regionale  richiesta  motivata
che, ai sensi dell'articolo 2 della legge  7  agosto  1990,  n.  241,
dalla stessa e' esaminata entro sessanta giorni. 
  4. La richiesta e'  accolta  se  non  ostacola  l'attuazione  della
pianificazione  faunistico-venatoria  di  cui  all'articolo  10.   E'
altresi' accolta, in  casi  specificatamente  individuati  con  norme
regionali,  quando  l'attivita'  venatoria  sia  in   contrasto   con
l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate  nonche'
di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine  di
ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di  disturbo
ad attivita' di rilevante interesse economico, sociale o ambientale. 
  5. Il divieto e'  reso  noto  mediante  l'apposizione  di  tabelle,
esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del  fondo,  le
quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro  dell'area
interessata. 
  6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata  della  caccia  e'
vietato  a  chiunque,  compreso  il  proprietario  o  il  conduttore,
esercitare l'attivita' venatoria fino al venir meno delle ragioni del
divieto. 
  7. L'esercizio venatorio e', comunque, vietato in forma vagante sui
terreni in attualita' di coltivazione. Si considerano  in  attualita'
di coltivazione: i  terreni  con  coltivazioni  erbacee  da  seme;  i
frutteti specializzati; i vigneti e gli  uliveti  specializzati  fino
alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso,  nonche'
a mais per la  produzione  di  seme  fino  alla  data  del  raccolto.
L'esercizio venatorio in forma vagante e' inoltre vietato sui terreni
in attualita' di coltivazione individuati dalle regioni,  sentite  le
organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative  a
livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in  relazione
all'esigenza di protezione di altre colture  specializzate  o  inten-
sive. 
  8. L'esercizio venatorio e' vietato a chiunque nei fondi chiusi  da
muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non
inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni  il  cui
letto abbia la profondita' di almeno metri 1,50  e  la  larghezza  di
almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti  alla  data  di  entrata  in
vigore  della   presente   legge   e   quelli   che   si   intendera'
successivamente istituire  devono  essere  notificati  ai  competenti
uffici regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi  di  cui  al
presente  comma  provvedono  ad  apporre  a  loro   carico   adeguate
tabellazioni esenti da tasse. 
  9. La superficie dei fondi di cui al comma  8  entra  a  far  parte
della quota dal  20  al  30  per  cento  del  territorio  agro-silvo-
pastorale di cui all'articolo 10, comma 3. 
  10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio  nei  fondi  con
presenza di  bestiame  allo  stato  brado  o  semibrado,  secondo  le
particolari caratteristiche ambientali e  di  carico  per  ettaro,  e
stabiliscono i parametri entro i  quali  tale  esercizio  e'  vietato
nonche' le modalita' di delimitazione dei fondi stessi. 
  11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36, commi 5 e 6,  fissati
per l'adozione degli atti che consentano la  piena  attuazione  della
presente  legge  nella  stagione  venatoria  1994-1995,  il  Ministro
dell'agricoltura e delle foreste provvede in via sostitutiva  secondo
le modalita' di cui all'articolo 14, comma 15. Comunque, a partire ((
dal 31  luglio  1997  ))  le  disposizioni  di  cui  al  primo  comma
dell'articolo 842 del codice civile si applicano  esclusivamente  nei
territori sottoposti al regime di gestione programmata  della  caccia
ai sensi degli articoli 10 e 14.((1)) 
    
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AGGIORNAMENTO (1) 
  Il D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito con modificazioni dalla
L. 23 dicembre 1996, n. 649 ha disposto (con l'art. 11-bis, comma  2)
che "Non sono punibili i fatti commessi in data anteriore a quella di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in
violazione degli articoli 15, comma 11, secondo periodo, 21, comma 1,
lettera b) e 36, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157." 
                              Art. 16. 
  (Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie) 
  1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito  l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti del 15 per cento del
proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono: 
   a)  autorizzare,  regolamentandola,   l'istituzione   di   aziende
faunistico-venatorie, senza  fini  di  lucro,  soggette  a  tassa  di
concessione regionale,  per  prevalenti  finalita'  naturalistiche  e
faunistiche con particolare riferimento alla tipica  fauna  alpina  e
appenninica, alla grossa fauna europea e a  quella  acquatica;  dette
concessioni devono essere corredate di programmi di  conservazione  e
di  ripristino  ambientale   al   fine   di   garantire   l'obiettivo
naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia  e'  consentita
nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i  piani  di
assestamento  e  di  abbattimento.  In  ogni  caso,   nelle   aziende
faunistico-venatorie non e' consentito  immettere  o  liberare  fauna
selvatica posteriormente alla data del 31 agosto; 
   b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di  aziende  agri-
turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di
concessione regionale, nelle quali  sono  consentiti  l'immissione  e
l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica  di
allevamento. 
  2. Le azienda agri-turistico-venatorie devono: 
   a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso  rilievo
faunistico; 
   b) coincidere preferibilmente con il  territorio  di  una  o  piu'
aziende agricole  ricadenti  in  aree  di  agricoltura  svantaggiata,
ovvero  dismesse  da  interventi  agricoli  ai   sensi   del   citato
regolamento (CEE) n. 1094/88. 
  3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide  e  vallive
possono essere autorizzate solo se comprendono bacini  artificiali  e
fauna  acquatica  di  allevamento,  nel  rispetto  delle  convenzioni
internazionali. 
  4. L'esercizio dell'attivita' venatoria nelle  aziende  di  cui  al
comma 1 e' consentito nel rispetto delle norme della  presente  legge
con la esclusione dei limiti di cui all'articolo 12, comma 5. 
                              Art. 17. 
                            (Allevamenti) 
  1. Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento di fauna
selvatica  a  scopo  alimentare,  di  ripopolamento,  ornamentale  ed
amatoriale. 
  2. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale per
la cinofilia italiana, dettano altresi' norme per gli allevamenti dei
cani da caccia. 
  3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1  sia  esercitato
dal titolare di un'impresa agricola, questi e' tenuto a dare semplice
comunicazione alla  competente  autorita'  provinciale  nel  rispetto
delle norme regionali. 
  4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a  scopo  di
ripopolamento, organizzato in forma  di  azienda  agricola,  singola,
consortile  o  cooperativa,  possono  consentire  al  titolare,   nel
rispetto delle norme della presente legge, il prelievo  di  mammiferi
ed uccelli in stato di cattivita' con i mezzi di cui all'articolo 13. 
                              Art. 18. 
        (Specie cacciabili e periodi di attivita' venatoria) 
  1.  Ai  fini  dell'esercizio  venatorio  e'  consentito   abbattere
esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e  per
i periodi sottoindicati: 
   a) specie cacciabili dalla  terza  domenica  di  settembre  al  31
dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia  turtur),
merlo (Turdus merula); passero  (Passer  italiae);  passera  mattugia
(Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); allodola
(Alauda  arvensis);  colino  della  Virginia  (Colinus  virginianus);
starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice sarda
(Alectoris barbara); lepre  comune  (Lepus  europaeus);  lepre  sarda
(Lepus  capensis);  coniglio   selvatico   (Oryctolagus   cuniculus);
minilepre (Silvilagus floridamus); 
   b) specie cacciabili dalla  terza  domenica  di  settembre  al  31
gennaio: storno (Sturnus volgaris); cesena  (Turdus  pilaris);  tordo
bottaccio  (Turdus  philomelos);  tordo  sassello  (Turdus  iliacus);
fagiano (Phasianus colchicus); germano  reale  (Anas  platyrhynchos);
folaga  (Fulica  atra);  gallinella  d'acqua  (Gallinula  chloropus);
alzavola  (Anas  crecca);  canapiglia  (Anas  strepera);  porciglione
(Rallus aquaticus); fischione (Anas penepole); codone  (Anas  acuta);
marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas  clypeata);  moriglione
(Aythya ferina); moretta  (Aythya  fuligula);  beccaccino  (Gallinago
gallinago); colombaccio (Columba  palumbus);  frullino  (Lymnocryptes
minimus);  fringuello   (Fringilla   coelebs);   peppola   (Fringilla
montifringilla);   combattente   (Philomachus   pugnax);    beccaccia
(Scolopax  rusticola);  taccola  (Corvus  monedula);  corvo   (Corvus
frugilegus); cornacchia nera (Corvus  corone);  pavoncella  (Vanellus
vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia  grigia  (Corvus
corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza  (Pica  pica);
volpe (Vulpes vulpes); 
   c) specie cacciabili dal 1 ottobre al 30 novembre: pernice  bianca
(Lagopus mutus); fagiano di  monte  (Tetrao  tetrix);  francolino  di
monte (Bonasa bonasia); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino
(Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo  (Cervus
elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon),  con  esclusione
della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus); 
   d) specie cacciabili dal 1 ottobre al 31 dicembre o dal 1 novembre
al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa). 
   e) specie cacciabili dal 15 ottobre al 30  novembre  limitatamente
alla popolazione di Sicilia: Lepre italica (Lepus corsicanus). 
  ((1-bis. L'esercizio venatorio e' vietato, per ogni singola specie: 
    a) durante il ritorno al luogo di nidificazione; 
    b) durante  il  periodo  della  nidificazione  e  le  fasi  della
riproduzione e della dipendenza degli uccelli)). 
  2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per deter-
minate specie in relazione alle situazioni ambientali  delle  diverse
realta' territoriali. Le  regioni  autorizzano  le  modifiche  previo
parere dell'Istituto nazionale per  la  fauna  selvatica.  I  termini
devono essere comunque contenuti tra il 1 settembre ed il 31  gennaio
dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al  comma
1.  L'autorizzazione  regionale  e'  condizionata   alla   preventiva
predisposizione di  adeguati  piani  faunistico-venatori.  La  stessa
disciplina  si  applica  anche  per  la  caccia  di  selezione  degli
ungulati, sulla base di piani  di  abbattimento  selettivi  approvati
dalle regioni; la caccia  di  selezione  agli  ungulati  puo'  essere
autorizzata  a  far  tempo  dal  1o  agosto  nel  rispetto  dell'arco
temporale di  cui  al  comma  1.  ((Ferme  restando  le  disposizioni
relative agli ungulati, le regioni possono posticipare, non oltre  la
prima decade di febbraio, i termini  di  cui  al  presente  comma  in
relazione a  specie  determinate  e  allo  scopo  sono  obbligate  ad
acquisire il preventivo parere espresso dall'Istituto  superiore  per
la protezione e  la  ricerca  ambientale  (ISPRA),  al  quale  devono
uniformarsi. Tale parere  deve  essere  reso,  sentiti  gli  istituti
regionali ove istituiti, entro trenta giorni  dal  ricevimento  della
richiesta)). 
  3. Con decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa  con
il Ministro dell'ambiente, vengono recepiti  i  nuovi  elenchi  delle
specie di  cui  al  comma  1,  entro  sessanta  giorni  dall'avvenuta
approvazione comunitaria o dall'entrata in vigore  delle  convenzioni
internazionali. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta
del Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste,  d'intesa  con  il
Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili  in
conformita' alle vigenti direttive  comunitarie  e  alle  convenzioni
internazionali sottoscritte, tenendo conto  della  consistenza  delle
singole specie sul territorio. 
  4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica,
pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e
il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto  di
quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con  l'indicazione  del  numero
massimo di capi  da  abbattere  in  ciascuna  giornata  di  attivita'
venatoria. 
  5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non  puo'  essere
superiore a tre. Le ragioni possono consentirne la libera  scelta  al
cacciatore, escludendo i giorni di martedi'  e  venerdi',  nei  quali
l'esercizio dell'attivita' venatoria e' in ogni caso sospeso. 
  6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni  di  martedi'  e
venerdi', le regioni,  sentito  l'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possono, anche in
deroga al comma 5, regolarmentare diversamente l'esercizio  venatorio
da  appostamento  alla  fauna  selvatica   migratoria   nei   periodi
intercorrenti fra il 1 ottobre e il 30 novembre. 
  7. La caccia e' consentita da un'ora prima  del  sorgere  del  sole
fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati e'  consentita
fino ad un'ora dopo il tramonto. 
  8. Non e' consentita la posta  alla  beccaccia  ne'  la  caccia  da
appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino. 
                              Art. 19. 
                  (Controllo della fauna selvatica) 
  1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la
caccia a determinate specie di fauna selvatica  di  cui  all'articolo
18, per importanti  e  motivate  ragioni  connesse  alla  consistenza
faunistica o  per  sopravvenute  particolari  condizioni  ambientali,
stagionali o climatiche o per malattie o altre calamita'. 
  2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio  zootecnico,
per la tutela del  suolo,  per  motivi  sanitari,  per  la  selezione
biologica, per la tutela del  patrimonio  storico-artistico,  per  la
tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono  al
controllo delle specie di fauna selvatica anche  nelle  zone  vietate
alla  caccia.  Tale  controllo,  esercitato   selettivamente,   viene
praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su  parere
dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica.  Qualora  l'Istituto
verifichi l'inefficacia  dei  predetti  metodi,  le  regioni  possono
autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono  essere  attuati
dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. 
Queste  ultime  potranno  altresi'  avvalersi   dei   proprietari   o
conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani  medesimi,  purche'
muniti di lincenza per l'esercizio venatorio, nonche'  delle  guardie
forestali e delle guardie comunali munite di licenza per  l'esercizio
venatorio. 
  3. Le provincie autonome di Trento e di Bolzano possono  attuare  i
piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre  persone,  purche'
munite di licenza per l'esercizio venatorio. 
                             Art. 19-bis 
(Esercizio delle deroghe previste  dall'articolo  9  della  direttiva
                            2009/147/CE). 
 
  1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla
direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  30
novembre 2009, conformandosi alle prescrizioni  dell'articolo  9,  ai
principi e alle finalita' degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva
ed alle disposizioni della presente legge. 
  2. Le deroghe possono essere  disposte  dalle  regioni  e  province
autonome, con atto amministrativo, solo in assenza di altre soluzioni
soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati. Le  deroghe
devono essere giustificate da un'analisi puntuale dei  presupposti  e
delle condizioni e devono menzionare la valutazione  sull'assenza  di
altre soluzioni soddisfacenti, le specie che ne  formano  oggetto,  i
mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni
di rischio, le circostanze di tempo  e  di  luogo  del  prelievo,  il
numero dei  capi  giornalmente  e  complessivamente  prelevabili  nel
periodo, i controlli e le  particolari  forme  di  vigilanza  cui  il
prelievo e' soggetto e gli  organi  incaricati  della  stessa,  fermo
restando quanto  previsto  dall'articolo  27,  comma  2.  I  soggetti
abilitati al prelievo in deroga vengono  individuati  dalle  regioni.
Fatte salve le deroghe adottate ai sensi dell'articolo  9,  paragrafo
1, lettera b), della direttiva 2009/147/CE, ai soggetti abilitati  e'
fornito un tesserino sul quale devono essere annotati i capi  oggetto
di deroga subito dopo il loro recupero. Le regioni prevedono  sistemi
periodici di verifica allo scopo  di  sospendere  tempestivamente  il
provvedimento di deroga qualora sia accertato il  raggiungimento  del
numero di capi  autorizzato  al  prelievo  o  dello  scopo,  in  data
antecedente a quella originariamente prevista. 
  3. Le deroghe di cui al comma 1 sono adottate sentito l'ISPRA e non
possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza  numerica
sia in grave diminuzione. L'intenzione di adottare  un  provvedimento
di deroga che abbia ad oggetto specie migratrici deve entro  il  mese
di aprile di ogni anno  essere  comunicata  all'ISPRA,  il  quale  si
esprime entro e non  oltre  quaranta  giorni  dalla  ricezione  della
comunicazione.  Per  tali  specie,  la  designazione  della   piccola
quantita' per deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1,
lettera c), della direttiva 2009/147/CE e' determinata,  annualmente,
a livello nazionale, dall'ISPRA. Nei limiti stabiliti dall'ISPRA,  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano provvede a ripartire tra  le
regioni interessate  il  numero  di  capi  prelevabili  per  ciascuna
specie. Le disposizioni di cui al  terzo  e  al  quarto  periodo  del
presente comma non  si  applicano  alle  deroghe  adottate  ai  sensi
dell'articolo  9,  paragrafo   1,   lettera   b),   della   direttiva
2009/147/CE. 
  4. Il provvedimento di deroga, ad eccezione di quelli  adottati  ai
sensi dell'articolo 9,  paragrafo  1,  lettera  b),  della  direttiva
2009/147/CE, e' pubblicato nel Bollettino Ufficiale regionale  almeno
sessanta  giorni  prima  della  data  prevista  per  l'inizio   delle
attivita'  di  prelievo.  Della  pubblicazione  e'  data  contestuale
comunicazione  al  Ministero  dell'ambiente  e   della   tutela   del
territorio e del mare. Fatto salvo il potere sostitutivo d'urgenza di
cui all'articolo 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003,  n.  131,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  diffida  la
regione  interessata  ad  adeguare,   entro   quindici   giorni   dal
ricevimento della diffida stessa, i provvedimenti di deroga  adottati
in  violazione  delle  disposizioni  della  presente  legge  e  della
direttiva 2009/147/CE. Trascorso tale termine  e  valutati  gli  atti
eventualmente  posti  in  essere  dalla  regione,  il  Consiglio  dei
ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare, ne dispone l'annullamento. 
  5. Le regioni, nell'esercizio delle deroghe di cui all'articolo  9,
paragrafo 1, lettera a),  della  direttiva  2009/147/CE,  provvedono,
ferma restando  la  temporaneita'  dei  provvedimenti  adottati,  nel
rispetto di linee guida emanate  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il  Ministro  delle  politiche
agricole  alimentari  e  forestali,  d'intesa   con   la   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano. 
  6. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione  trasmette  al
Presidente del Consiglio dei ministri  ovvero  al  Ministro  per  gli
affari regionali,  al  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare,  al  Ministro  delle   politiche   agricole
alimentari e forestali, al Ministro per gli affari  europei,  nonche'
all'ISPRA una relazione  sull'attuazione  delle  deroghe  di  cui  al
presente  articolo;  detta  relazione  e'  altresi'  trasmessa   alle
competenti Commissioni parlamentari. Nel caso risulti dalla relazione
trasmessa che in una regione sia stato superato il numero massimo  di
capi prelevabili di cui al  comma  3,  quarto  periodo,  la  medesima
regione non e' ammessa al riparto nell'anno successivo.  Il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare  trasmette
annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all'articolo
9, paragrafo 3, della direttiva 2009/147/CE. 
  ((6-bis.   Ai   fini   dell'esercizio   delle   deroghe    previste
dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, le regioni, in  sede  di
rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello  storno  (Sturnus
vulgaris) ai  sensi  del  presente  articolo,  con  riferimento  alla
individuazione delle condizioni di rischio  e  delle  circostanze  di
luogo, consentono l'esercizio dell'attivita' di prelievo qualora esso
sia praticato  in  prossimita'  di  nuclei  vegetazionali  produttivi
sparsi  e  sia  finalizzato  alla  tutela  della  specificita'  delle
coltivazioni regionali)). 
                              Art. 20. 
            (Introduzione di fauna selvatica dall'estero) 
  1. L'introduzione dall'estero  di  fauna  selvatica  viva,  purche'
appartenente alle specie autoctone, puo' effettuarsi solo a scopo  di
ripopolamento e di miglioramento genetico. 
  2. I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente a
ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature  per  ogni
singola specie di selvatici, al fine di avere le  opportune  garanzie
per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari. 
  ((3. Le autorizzazioni per le attivita' di  cui  al  comma  1  sono
rilasciate  dal  Ministro  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali  su  parere  dell'ISPRA,  nel  rispetto  delle  convenzioni
internazionali.  Nel  caso  di  specie  di  uccelli  che  non  vivono
naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli  Stati
membri dell'Unione europea,  il  Ministro  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali consulta preventivamente anche la  Commissione
europea)). 
                              Art. 21. 
                              (Divieti) 
 
  1. E' vietato a chiunque: 
    a) l'esercizio venatorio nei  giardini,  nei  parchi  pubblici  e
privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni  adibiti  ad
attivita' sportive; 
    b)  l'esercizio  venatorio  nei  parchi  nazionali,  nei   parchi
naturali  regionali  e  nelle  riserve  naturali  conformemente  alla
legislazione nazionale in materia di parchi e riserve  naturali.  Nei
parchi naturali  regionali  costituiti  anteriormente  alla  data  di
entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991,  n.  394,  le  regioni
adeguano la propria legislazione al disposto dell'articolo 22,  comma
6, della predetta legge entro il 31  gennaio  1997,  provvedendo  nel
frattempo  all'eventuale   riperimetrazione   dei   parchi   naturali
regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma  3,
della legge medesima; 
    c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di
ripopolamento  e  cattura,  nei  centri  di  riproduzione  di   fauna
selvatica, nelle  foreste  demaniali  ad  eccezione  di  quelle  che,
secondo le disposizioni regionali, sentito  il  parere  dell'Istituto
nazionale  per  la  fauna  selvatica,   non   presentino   condizioni
favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; 
    d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato
ed  ove  il  divieto   sia   richiesto   a   giudizio   insindacabile
dell'autorita' militare, o dove esistano  beni  monumentali,  purche'
dette zone siano delimitate da tabelle, esenti da tasse indicanti  il
divieto: 
    e)  l'esercizio  venatorio  nelle  aie  e  nelle  corti  o  altre
pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese  nel  raggio  di
cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o
a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie  di
comunicazione ferroviaria e da  strade  carrozzabili,  eccettuate  le
strade poderali ed interpoderali; 
    f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri  con  uso
di fucile da  caccia  con  canna  ad  anima  liscia,  o  da  distanza
corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso
di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e  stabili
adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di  vie  di  comunicazione
ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle  poderali  ed
interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di  trasporto  a
sospensione; di stabbi, stazzi,  recinti  ed  altre  aree  delimitate
destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame  nel  periodo
di utilizzazione agro-silvo-pastorale; 
    g) il trasporto, all'interno dei centri  abitati  e  delle  altre
zone ove e' vietata l'attivita' venatoria, ovvero a bordo di  veicoli
di  qualunque  genere  e  comunque  nei  giorni  non  consentiti  per
l'esercizio venatorio  dalla  presente  legge  e  dalle  disposizioni
regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano  scariche
e in custodia; 
    h) cacciare a rastrello in piu' di tre persone ovvero utilizzare,
a scopo venatorio, scafandri  o  tute  impermeabili  da  sommozzatore
negli specchi o corsi d'acqua; 
    i) cacciare sparando da veicoli  a  motore  o  da  natanti  o  da
aeromobili; 
    l) cacciare a  distanza  inferiore  a  cento  metri  da  macchine
operatrici agricole in funzione; 
    m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte  di
neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi e per la  attuazione
della caccia di selezione  agli  ungulati,  secondo  le  disposizioni
emanate dalle regioni interessate; 
    n) cacciare negli stagni, nelle paludi e  negli  specchi  d'acqua
artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio  e  su
terreni allagati da piene di fiume; 
    o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi  ed
uccelli  appartenenti  alla  fauna  selvatica,  salvo  che  nei  casi
previsti all'articolo 4, comma 1, o nelle  zone  di  ripopolamento  e
cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e  nelle  oasi
di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purche', in
tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore suc-
cessive alla competente amministrazione  provinciale;  distruggere  o
danneggiare  deliberatamente  nidi   e   uova,   nonche'   disturbare
deliberatamente  le  specie  protette  di  uccelli,  fatte  salve  le
attivita' previste dalla presente legge; 
    p)  usare  richiami  vivi,  al  di  fuori   dei   casi   previsti
dall'articolo 5; 
    q) usare richiami  vivi  non  provenienti  da  allevamento  nella
caccia agli acquatici; 
    r) usare a fini di richiamo  uccelli  vivi  accecati  o  mutilati
ovvero  legati  per  le  ali  e  richiami  acustici  a  funzionamento
meccanico,  elettromagnetico  o   elettromeccanico,   con   o   senza
amplificazione del suono; 
    s) cacciare negli specchi d'acqua  ove  si  esercita  l'industria
della pesca o dell'acquacoltura, nonche' nei canali  delle  valli  da
pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse,
indicanti il divieto d caccia; 
    t)  commerciare  fauna  selvatica  morta   non   proveniente   da
allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico; 
    u) usare munizione spezzata nella  caccia  agli  ungulati;  usare
esche  o  bocconi  avvelenati,  vischio  o  altre  sostanze  adesive,
trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni  similari;  fare
impiego di civette; usare armi da  sparo  munite  di  silenziatore  o
impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre; 
    v) vendere a privati e  detenere  da  parte  di  questi  reti  da
uccellaggione; 
    z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica; 
    aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli  a
partire  dal  1o  gennaio   1994,   fatto   salvo   quanto   previsto
dall'articolo 10, comma 8, lettera e); 
    bb) vendere,  detenere  per  vendere,  trasportare  per  vendere,
acquistare uccelli vivi  o  morti,  nonche'  loro  parti  o  prodotti
derivati facilmente riconoscibili, anche  se  importati  dall'estero,
appartenenti a tutte le specie di uccelli viventi  naturalmente  allo
stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione
europea,  ad  eccezione   delle   seguenti:   germano   reale   (anas
platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice  di  Sardegna
(alectoris  barbara);  starna  (perdix  perdix);  fagiano  (phasianus
colchicus); colombaccio (columba palumbus); 
    ((cc)  il  commercio  di  esemplari  vivi,  non  provenienti   da
allevamenti, di specie di uccelli  viventi  naturalmente  allo  stato
selvatico nel  territorio  europeo  degli  Stati  membri  dell'Unione
europea, anche se importati dall'estero)); 
    dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere  inidonee  al  loro
fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della presente  legge
o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma
restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale; 
    ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna  selvatica,
ad eccezione dei capi utilizzati  come  richiami  vivi  nel  rispetto
delle modalita' previste dalla presente legge e della fauna selvatica
lecitamente abbattuta, la cui detenzione  viene  regolamentata  dalle
regioni anche con le norme sulla tassidermia; 
    ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.(1) 
  2.  Se  le  regioni  non  provvedono  entro  il  termine   previsto
dall'articolo 1, comma 5, ad istituire le zone di protezione lungo le
rotte di migrazione dell'avifauna,  il  Ministro  dell'agricoltura  e
delle  foreste  assegna  alle  regioni  stesse  novanta  giorni   per
provvedere. Decorso inutilmente  tale  termine  e'  vietato  cacciare
lungo le suddette rotte a  meno  di  cinquecento  metri  dalla  costa
marina  del  continente  e  delle  due  isole  maggiori;  le  regioni
provvedono a delimitare tali aree  con  apposite  tabelle  esenti  da
tasse. 
  3. La caccia e' vietata su  tutti  i  valichi  montani  interessati
dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per una  distanza  di  mille
metri dagli stessi. 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (1) 
  IL D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito con modificazioni dalla
L. 23 dicembre 1996, n. 649, ha disposto (con l'art. 11-bis, comma 2)
che "Non sono punibili i fatti commessi in data anteriore a quella di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in
violazione degli articoli 15, comma 11, secondo periodo, 21, comma 1,
lettera b) e 36, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157". 
                              Art. 22. 
    (Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione 
all'esercizio venatorio) 
  1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia e' rilasciata in
conformita' alle leggi di pubblica sicurezza. 
  2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha  conseguito
l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito  di  esami  pubblici
dinanzi ad apposita commissione nominata  dalla  regione  in  ciascun
capoluogo di provincia. 
  3. La commissione  di  cui  al  comma  2  e'  composta  da  esperti
qualificati in ciascuna delle materie indicate al  comma  4,  di  cui
almeno un laureato  in  scienze  biologiche  o  in  scienze  naturali
esperto in vertebrati omeotermi. 
  4. Le regioni stabiliscono le modalita' per  lo  svolgimento  degli
esami, che devono in particolare riguardare  nozioni  nelle  seguenti
materie: 
   a) legislazione venatoria; 
   b)  zoologia  applicata  alla  caccia  con   prove   pratiche   di
riconoscimento della specie cacciabili; 
   c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione; 
   d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione
agricola; 
   e) norme di pronto soccorso. 
  5. L'abilitazione e' concessa se il giudizio e' favorevole in tutti
e cinque gli esami elencati al comma 4. 
  6. Entro un anno dalla data di entrata  in  vigore  della  presente
legge  le   regioni   promuovono   corsi   di   aggiornamento   sulle
caratteristiche innovative della legge stessa. 
  7. L'abilitazione all'esercizio venatorio e' necessaria, oltre  che
per il primo rilascio della  licenza,  anche  per  il  rinnovo  della
stessa in caso di revoca. 
  8. Per sostenere gli esami il  candidato  deve  essere  munito  del
certificato medico di idoneita'. 
  9. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha la durata  di
sei anni e puo' essere rinnovata su domanda del titolare corredata di
un nuovo certificato medico di idoneita' di data non anteriore a  tre
mesi dalla domanda stessa. 
  10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima  licenza  il
cacciatore puo' praticare l'esercizio venatorio solo se  accompagnato
da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da  almeno  tre  anni
che non abbia commesso violazioni alle  norme  della  presente  legge
comportanti la  sospensione  o  la  revoca  della  licenza  ai  sensi
dell'articolo 32. 
  11. Le norme di cui al presente articolo  si  applicano  anche  per
l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco. 
                              Art. 23. 
                  (Tasse di concessione regionale) 
  1. Le regioni, per conseguire  i  mezzi  finanziari  necessari  per
realizzare i  fini  previsti  dalla  presente  legge  e  dalle  leggi
regionali in materia, sono autorizzate  ad  istituire  una  tassa  di
concessione regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio
1970,  n.  281,  e  successive   modificazioni,   per   il   rilascio
dell'abilitazione all'esercizio venatorio di cui all'articolo 22. 
  2. La tassa di cui al comma 1 e' soggetta al rinnovo annuale e puo'
essere fissata in  misura  non  inferiore  al  50  per  cento  e  non
superiore al 100 per cento della tassa erariale di cui al numero  26,
sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni.  Essa
non  e'  dovuta  qualora  durante  l'anno  il   cacciatore   eserciti
l'attivita' venatoria esclusivamente all'estero. 
  3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso  di
caccia la  tassa  regionale  deve  essere  rimborsata.  La  tassa  di
concessione  regionale  viene  rimborsata  anche  al  cacciatore  che
rinunci all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa
di rinnovo non e' dovuta qualora non si eserciti  la  caccia  durante
l'anno. 
  4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono  utilizzati  anche
per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di  progetti  di
valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari
o  conduttori  di  fondi,  che,  nell'ambito   della   programmazione
regionale, contemplino, tra l'altro, la creazione  di  strutture  per
l'allevamento di fauna selvatica nonche' dei riproduttori nel periodo
autunnale; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della
fauna selvatica; l'adozione di forme di lotta integrata  e  di  lotta
guidata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovative  non
pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione  agri-turistica  di
percorsi per l'accesso alla natura e alla  conoscenza  scientifica  e
culturale della fauna ospite; la manutenzione e  pulizia  dei  boschi
anche al fine di prevenire incendi. 
  5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di  riproduzione  della
fauna selvatica allo stato naturale, le azienda  faunistico-venatorie
e  le  aziende  agri-turistico-venatorie  sono   soggetti   a   tasse
regionali. 
                              Art. 24. 
               (Fondo presso il Ministero del tesoro) 
  1. A decorrere dall'anno 1992 presso il  Ministero  del  tesoro  e'
istituito un fondo la cui dotazione e' alimentata da una  addizionale
di lire 10.000 alla tassa di cui al numero 26, sottonumero I),  della
tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 641, e successive modificazioni. 
  2. Le disponibilita' del fondo sono ripartite entro il 31 marzo  di
ciascun anno con decreto del Ministro del tesoro, di concerto  con  i
Ministri delle  finanze  e  dell'agricoltura  e  delle  foreste,  nel
seguente modo: 
   a) 4 per cento per il funzionamento e l'espletamento  dei  compiti
istituzionali del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale; 
   b) 1 per cento per il pagamento  della  quota  di  adesione  dello
Stato italiano al  Consiglio  internazionale  della  caccia  e  della
conservazione della selvaggina; 
   c)  95  per  cento  fra  le   associazioni   venatorie   nazionali
riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza
associativa. 
  3. L'addizionale di cui al presente articolo non  e'  computata  ai
fini di quanto previsto all'articolo 23, comma 2. 
  4. L'attribuzione della dotazione prevista  dal  presente  articolo
alle  associazioni  venatorie  nazionali  riconosciute  non  comporta
l'assoggettamento delle stesse al controllo previsto dalla  legge  21
marzo 1958, n. 259. 
                               Art. 25 
     (( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 7 SETTEMBRE 2005, N. 209 )) 
                              Art. 26. 
(Risarcimento  dei   danni   prodotti   dalla   fauna   selvatica   e
                      dall'attivita' venatoria) 
  1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla
produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a
pascolo della fauna selvatica, in particolare da quella  protetta,  e
dall'attivita' venatoria, e' costituito a cura  di  ogni  regione  un
fondo  destinato  alla  prevenzione  e  ai  risarcimenti,  al   quale
affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23. 
  2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare  il
funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa
gestione  un  comitato  in  cui  siano  presenti  rappresentanti   di
strutture provinciali  delle  organizzazioni  professionali  agricole
maggiormente rappresentative a  livello  nazionale  e  rappresentanti
delle  associazioni  venatorie  nazionali  riconosciute  maggiormente
rappresentative. 
  3. Il proprietario o il conduttore del fondo e' tenuto a denunciare
tempestivamente i danni al comitato di cui al comma  2,  che  procede
entro  trenta  giorni  alle   relative   verifiche   anche   mediante
sopralluogo e ispezioni e  nei  centottanta  giorni  successivi  alla
liquidazione. 
  4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il
procedimento deve concludersi  e'  direttamente  disposto  con  norma
regionale. 
                              Art. 27. 
                        (Vigilanza venatoria) 
  1. La vigilanza sulla applicazione della  presente  legge  e  delle
leggi regionali e' affidata: 
   a)  agli  agenti  dipendenti  degli  enti  locali  delegati  dalle
regioni. A tali agenti e' riconosciuta, ai sensi  della  legislazione
vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di  pubblica
sicurezza. Detti agenti possono portare durante il servizio e  per  i
compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 13  nonche'
armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate  e
detenute in conformita' al regolamento di cui all'articolo  5,  comma
5, della legge 7 marzo 1986, n. 65; 
   b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie,  agricole
e di protezione ambientale nazionali presenti  nel  Comitato  tecnico
faunistico-venatorio nazionale  e  a  quelle  delle  associazioni  di
protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente,  alle
quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai  sensi  del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,  approvato  con  regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773. 
  2. La vigilanza di cui al  comma  1  e',  altresi',  affidata  agli
ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale  dello  Stato,
alle guardie addette a parchi nazionali e regionali,  agli  ufficiali
ed agenti di polizia  giudiziaria,  alle  guardie  giurate  comunali,
forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute  ai  sensi
del testo unico  delle  leggi  di  pubblica  sicurezza;  e'  affidata
altresi' alle guardie ecologiche  e  zoofile  riconosciute  da  leggi
regionali. 
  3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di  norma,  nell'ambito
della circoscrizione territoriale di competenza. 
  4. La qualifica di guardia volontaria puo' essere concessa, a norma
del testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza,  a  cittadini  in
possesso di un attestato di idoneita' rilasciato dalle regioni previo
superamento  di  apposito   esame.   Le   regioni   disciplinano   la
composizione delle commissioni preposte a tale  esame  garantendo  in
esse la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di associazioni
venatorie, agricole ed ambientaliste. 
  5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti  di  vigilanza  e'
vietato l'esercizio  venatorio  nell'ambito  del  territorio  in  cui
esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie e'  vietato
l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle loro funzioni. 
  6. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per  lo
svolgimento delle funzioni  di  vigilanza  sull'esercizio  venatorio,
sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla  salvaguardia  delle
produzioni  agricole,  possono   essere   organizzati   anche   dalle
associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo  della
regione. 
  7. Le province  coordinano  l'attivita'  delle  guardie  volontarie
delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste. 
  8. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste,  d'intesa  con  il
Ministro dell'ambiente, garantisce il coordinamento  in  ordine  alle
attivita' delle associazioni di cui al comma 1, lettera  b),  rivolte
alla  preparazione,  aggiornamento  ed  utilizzazione  delle  guardie
volontarie. 
  9. I cittadini in possesso, a norma del testo unico delle leggi  di
pubblica sicurezza, della qualifica di guardia  venatoria  volontaria
alla data di entrata in vigore della presente legge, non  necessitano
dell'attestato di idoneita' di cui al comma 4. 
                              Art. 28. 
      (Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria) 
  1.  I  soggetti  preposti  alla  vigilanza   venatoria   ai   sensi
dell'articolo 27 possono chiedere  a  qualsiasi  persona  trovata  in
possesso di armi o  arnesi  atti  alla  caccia,  in  esercizio  o  in
attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di  fucile
per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo  12,  comma  12,
del contrassegno della polizza di assicurazione nonche'  della  fauna
selvatica abbattuta o catturata. 
  2. Nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali ed agenti  che
esercitano funzioni di polizia  giudiziaria  procedono  al  sequestro
delle armi,  della  fauna  selvatica  e  dei  mezzi  di  caccia,  con
esclusione del cane e dei  richiami  vivi  autorizzati.  In  caso  di
condanna per le ipotesi di cui al  medesimo  articolo  30,  comma  1,
lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i  suddetti  mezzi  sono  in
ogni caso confiscati. 
  3. Quando  e'  sequestrata  fauna  selvatica,  viva  o  morta,  gli
ufficiali  o  agenti  la  consegnano  all'ente  pubblico   localmente
preposto alla disciplina dell'attivita' venatoria il quale, nel  caso
di fauna viva, provvede  a  liberarla  in  localita'  adatta  ovvero,
qualora non risulti liberabile, a  consegnarla  ad  un  organismo  in
grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva
reintroduzione nel suo ambiente  naturale;  in  caso  di  fauna  viva
sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione  e'
effettuata sul posto dagli agenti  accertatori.  Nel  caso  di  fauna
morta, l'ente pubblico provvede alla sua  vendita  tenendo  la  somma
ricavata a disposizione della persona cui e' contestata  l'infrazione
ove si accerti successivamente che l'illecito non  sussiste;  se,  al
contrario,  l'illecito  sussiste,  l'importo  relativo  deve   essere
versato su un conto corrente intestato alla regione. 
  4. Della consegna o della  liberazione  di  cui  al  comma  3,  gli
ufficiali o agenti danno atto in  apposito  verbale  nel  quale  sono
descritte le specie e le condizioni degli  esemplari  sequestrati,  e
quant'altro possa avere rilievo ai fini penali. 
  5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni  di  polizia
giudiziaria,  i  quali  accertino,  anche  a  seguito  di   denuncia,
violazioni  delle  disposizioni  sull'attivita'  venatoria,  redigono
verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono  essere
specificate  tutte  le  circostanze  del   fatto   e   le   eventuali
osservazioni del contravventore, e li  trasmettono  all'ente  da  cui
dipendono ed all'autorita' competente  ai  sensi  delle  disposizioni
vigenti. 
  6. Gli agenti venatori dipendenti degli  enti  locali  che  abbiano
prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre  1972,
n. 772, e successive  modifiche  e  integrazioni,  non  sono  ammessi
all'esercizio di funzioni  di  pubblica  sicurezza,  fatto  salvo  il
divieto di cui all'articolo 9 della medesima legge. 
                              Art. 29. 
                (Agenti dipendenti degli enti locali) 
  1. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7  marzo  1986,
n. 65, gli agenti dipendenti degli enti locali, cui sono conferite  a
norma di legge le funzioni di agente  di  polizia  giudiziaria  e  di
agente di pubblica sicurezza per  lo  svolgimento  dell'attivita'  di
vigilanza  venatoria,  esercitano   tali   attribuzioni   nell'ambito
territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi  nei  quali  sono
comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui
sono dotati  nei  luoghi  predetti  ed  in  quelli  attraversati  per
raggiungerli e per farvi ritorno. 
  2. Gli stessi agenti possono redigere i  verbali  di  contestazione
delle violazioni  e  degli  illeciti  amministrativi  previsti  dalla
presente legge, e gli altri atti  indicati  dall'articolo  28,  anche
fuori dall'orario di servizio. 
                              Art. 30. 
                          (Sanzioni penali) 
  1. Per le violazioni delle  disposizioni  della  presente  legge  e
delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni: 
   a) l'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda da lire  1.800.000
a lire 5.000.000 per chi esercita la caccia  in  periodo  di  divieto
generale, intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura
fissata dall'articolo 18; 
   b) l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da  lire  1.500.000  a
lire 4.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli
compresi nell'elenco di cui all'articolo 2; 
   c) l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire  2.000.000
a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura  o  detiene  esemplari  di
orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo; 
   d) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da lire  900.000  a  lire
3.000.000 per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi
naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione,
nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini  urbani,
nei terreni adibiti ad attivita' sportive; 
   e) l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire 1.500.000 a  lire
4.000.000 per chi esercita l'uccellagione; 
   f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 1.000.000 per
chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio; 
   g) l'ammenda fino a lire 6.000.000  per  chi  abbatte,  cattura  o
detiene esemplari appartenenti alla tipica  fauna  stanziale  alpina,
non  contemplati  nella  lettera  b),   della   quale   sia   vietato
l'abbattimento; 
   h) l'ammenda fino a lire 3.000.000  per  chi  abbatte,  cattura  o
detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non
e' consentita o fringillidi in numero superiore a cinque  o  per  chi
esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi
esercita  la  caccia  con  l'ausilio  di  richiami  vietati  di   cui
all'articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione  si
applica altresi' la misura della confisca dei richiami; 
   i) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 4.000.000 per
chi esercita la caccia sparando  da  autoveicoli,  da  natanti  o  da
aeromobili; 
   l) l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda  da  lire  1.000.000  a
lire 4.000.000 per chi pone in commercio o detiene a tal  fine  fauna
selvatica in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la
fauna di cui alle lettere b), c) e g), le pene sono raddoppiate. 
  2. Per la violazione delle disposizioni  della  presente  legge  in
materia di imbalsamazione e  tassidermia  si  applicano  le  medesime
sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali  le  cui
spoglie sono oggetto del trattamento descritto.  Le  regioni  possono
prevedere  i  casi  e  le   modalita'   di   sospensione   e   revoca
dell'autorizzazione all'esercizio  dell'attivita'  di  tassidermia  e
imbalsamazione. 
  3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano  gli  articoli  624,
625 e 626 del codice  penale.  Salvo  quanto  espressamente  previsto
dalla presente legge, continuano ad  applicarsi  le  disposizioni  di
legge e di regolamento in materia di armi. 
  4.  Ai  sensi  dell'articolo  23  del  testo  unico   delle   leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige, approvato con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972, n.  670,  le  sanzioni  penali  stabilite  dal  presente
articolo  si   applicano   alle   corrispondenti   fattispecie   come
disciplinate dalle leggi provinciali. 
                              Art. 31. 
                      (Sanzioni amministrative) 
  1. Per le violazioni delle  disposizioni  della  presente  legge  e
delle leggi regionali, salvo che il fatto sia  previsto  dalla  legge
come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative: 
   a) sanzione amministrativa da lire 400.000 a  lire  2.400.000  per
chi esercita la caccia in una forma diversa da  quella  prescelta  ai
sensi dell'articolo 12, comma 5; 
   b) sanzione amministrativa da lire 200.000 a  lire  1.200.000  per
chi  esercita  la  caccia  senza  avere  stipulato  la   polizza   di
assicurazione; se la violazione e' nuovamente commessa,  la  sanzione
e' da lire 400.000 a lire 2.400.000; 
   c) sanzione amministrativa da lire 300.000 a  lire  1.800.000  per
chi esercita la caccia senza  aver  effettuato  il  versamento  delle
tasse di concessione governativa o regionale;  se  la  violazione  e'
nuovamente commessa, la sanzione e' da lire 500.000 a lire 3.000.000; 
   d) sanzione amministrativa da lire 300.000 a  lire  1.800.000  per
chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno delle aziende
faunistico-venatorie, nei centri pubblici o privati di riproduzione e
negli ambiti e comprensori destinati alla caccia programmata;  se  la
violazione e' nuovamente commessa, la sanzione e' da lire  500.000  a
lire 3.000.000; in caso di ulteriore violazione  la  sanzione  e'  da
lire 700.000 a lire 4.200.000. Le sanzioni  previste  dalla  presente
lettera sono ridotte di un terzo se il  fatto  e'  commesso  mediante
sconfinamento in un comprensorio  o  in  un  ambito  territoriale  di
caccia viciniore a quello autorizzato; 
   e) sanzione amministrativa da lire 200.000 a  lire  1.200.000  per
chi  esercita  la  caccia  in  zone  di  divieto   non   diversamente
sanzionate; se la violazione e' nuovamente commessa, la  sanzione  e'
da lire 500.000 a lire 3.000.000; 
   f) sanzione amministrativa da lire 200.000 a  lire  1.200.000  per
chi esercita la caccia in fondo chiuso, ovvero nel caso di violazione
delle disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano per la protezione delle coltivazioni agricole; se
la violazione e' nuovamente commessa, la sanzione e' da lire  500.000
a lire 3.000.000; 
   g) sanzione amministrativa da lire 200.000 a  lire  1.200.000  per
chi esercita  la  caccia  in  violazione  degli  orari  consentiti  o
abbatte, cattura o detiene fringillidi  in  numero  non  superiore  a
cinque; se la violazione e' nuovamente commessa, la  sanzione  e'  da
lire 400.000 a lire 2.400.000; 
   h) sanzione amministrativa da lire 300.000 a  lire  1.800.000  per
chi si avvale di richiami non autorizzati, ovvero in violazione delle
disposizioni emanate dalle regioni ai sensi dell'articolo 5, comma 1; 
se la violazione e' nuovamente  commessa,  la  sanzione  e'  da  lire
500.000 a lire 3.000.000; 
   i) sanzione amministrativa da lire 150.000 a lire 900.000 per  chi
non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino regionale; 
   l) sanzione amministrativa da lire  150.000  a  lire  900.000  per
ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza  l'autorizzazione
di cui all'articolo 20, comma 2; alla violazione consegue  la  revoca
di eventuali autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 20  per
altre introduzioni; 
   m) sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 300.000 per  chi,
pur essendone munito, non esibisce, se legittimamente  richiesto,  la
licenza, la polizza di assicurazione o  il  tesserino  regionale;  la
sanzione  e'  applicata  nel  minimo  se  l'interessato  esibisce  il
documento entro cinque giorni. 
   ((m-bis) sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 a euro 900
per chi non esegue sul tesserino regionale le annotazioni  prescritte
dal provvedimento di deroga di cui all'articolo 19-bis)). 
  2. Le leggi regionali prevedono sanzioni  per  gli  abusi  e  l'uso
improprio della tabellazione dei terreni. 
  3. Le regioni prevedono la sospensione dell'apposito  tesserino  di
cui  all'articolo  12,  comma  12,  per  particolari   infrazioni   o
violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio. 
  4. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento
per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale. 
  5. Nei casi previsti dal presente articolo  non  si  applicano  gli
articoli 624, 625 e 626 del codice penale. 
  6. Per quanto non altrimenti  previsto  dalla  presente  legge,  si
applicano le disposizioni della legge 24 novembre  1981,  n.  689,  e
successive modificazioni. 
                              Art. 32. 
(Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di 
fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio) 
  1. Oltre  alle  sanzioni  penali  previste  dall'articolo  30,  nei
confronti di chi riporta sentenza di condanna  definitiva  o  decreto
penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui
al comma 1 dello stesso articolo, l'autorita' amministrativa dispone: 
   a) la sospensione della licenza di porto  di  fucile  per  uso  di
caccia, per un periodo da uno a  tre  anni,  nei  casi  previsti  dal
predetto articolo 30, comma 1, lettera a), b),  d)  ed  i),  nonche',
relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere f), g)  e
h), limitatamente alle ipotesi di recidiva di  cui  all'articolo  99,
secondo comma, n. 1, del codice penale; 
   b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed
il divieto di rilascio  per  un  periodo  di  dieci  anni,  nei  casi
previsti dal predetto  articolo  30,  comma  1,  lettere  c)  ed  e),
nonche', relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma,  lettere
d) ed i), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui  all'articolo
99, secondo comma, n. 1, del codice penale; 
   c) l'esclusione definitiva  della  concessione  della  licenza  di
porto di fucile per uso di caccia, nei  casi  previsti  dal  predetto
articolo 30, comma 1, lettere a), b), c) ed  e),  limitatamente  alle
ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1,  del
codice penale; 
   d) la  chiusura  dell'esercizio  o  la  sospensione  del  relativo
provvedimento autorizzatorio per un periodo  di  un  mese,  nel  caso
previsto dal predetto articolo 30, comma 1, lettera l); nelle ipotesi
di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma,  n.1,  del  codice
penale, la chiusura o la sospensione e' disposta per  un  periodo  da
due a quattro mesi. 
  2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal  questore
della provincia del luogo di residenza del contravventore, a  seguito
della comunicazione del competente  ufficio  giudiziario,  quando  e'
effettuata  l'oblazione   ovvero   quando   diviene   definitivo   il
provvedimento di condanna. 
  3. Se l'oblazione non e' ammessa, o non e'  effettuata  nei  trenta
giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore da'  notizia
delle contestazioni effettuate a norma  dell'articolo  30,  comma  1,
lettere a), b), c), d), e) ed i), al questore, il quale puo' disporre
la sospensione cautelare ed il  ritiro  temporaneo  della  licenza  a
norma delle leggi di pubblica sicurezza. 
  4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 31, si
applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza  di
porto di fucile per uso di caccia  nei  casi  indicati  dallo  stesso
articolo 31, comma 1, lettera a), nonche', laddove la violazione  sia
nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), d), f)  e  g)
del medesimo comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) e'
nuovamente commessa, la sospensione e' disposta per un periodo di tre
anni. 
  5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile
per uso di caccia di cui al comma 4 e' adottato  dal  questore  della
provincia del luogo di residenza di  chi  ha  commesso  l'infrazione,
previa  comunicazione,   da   parte   dell'autorita'   amministrativa
competente, che e' stato effettuato il pagamento  in  misura  ridotta
della sanzione pecuniaria o che non  e'  stata  proposta  opposizione
avverso l'ordinanza-ingiunzione  ovvero  che  e'  stato  definito  il
relativo giudizio. 
  6. L'organo accertatore da' notizia delle contestazioni  effettuate
a norma del comma 4 al questore, il quale puo' valutare il  fatto  ai
fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza a  norma
delle leggi di pubblica sicurezza. 
                               Art. 33 
               (Rapporti sull'attivita' di vigilanza) 
  1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo
9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno a decorrere dal
1993, trasmettono al Ministro dell'agricoltura  e  delle  foreste  un
rapporto informativo nel quale, sulla base di  dettagliate  relazioni
fornite dalle province, e' riportato lo stato  dei  servizi  preposti
alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in  relazione
alle singole fattispecie di illecito  e  un  prospetto  riepilogativo
delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate.  A
tal  fine  il   questore   comunica   tempestivamente   all'autorita'
regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i  dati  numerici
inerenti alle misure accessorie, applicate nell'anno precedente. 
  2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento  entro
il mese di ottobre di ciascun anno. 
                               Art. 34 
                      (Associazioni venatorie) 
  1. Le associazioni venatorie sono libere. 
  2. Le associazioni venatorie istituite per  atto  pubblico  possono
chiedere di essere riconosciute agli effetti  della  presente  legge,
purche' posseggano i seguenti requisiti: 
   a) abbiano finalita' ricreative, formative e tecnico-venatorie; 
   b)  abbiano  ordinamento  democratico  e  posseggano  una  stabile
organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici; 
   c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore  ad  un
quindicesimo  del  totale  dei  cacciatori  calcolato   dall'Istituto
nazionale di statistica, riferito al 31 dicembre dell'anno precedente
quello  in  cui   avviene   la   presentazione   della   domanda   di
riconoscimento. 
  3. Le associazioni di cui al comma 2 sono riconosciute con  decreto
del Ministro dell'agricoltura e delle  foreste  di  concerto  con  il
Ministro  dell'interno,  sentito  il  Comitato  tecnico   faunistico-
venatorio nazionale. 
  4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento,
il Ministro dell'agricoltura e delle foreste dispone con  decreto  la
revoca del riconoscimento stesso. 
  5. Si considerano riconosciute agli effetti della presente legge la
Federazione  italiana  della  caccia  e  le  associazioni   venatorie
nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione nazionale
libera caccia, ARCI-Caccia, Unione nazionale Enalcaccia pesca e tiro,
Ente produttori selvaggina,  Associazione  italiana  della  caccia  -
Italcaccia) gia' riconosciute ed operanti ai sensi  dell'articolo  86
del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e  per
l'esercizio della caccia, approvato con regio decreto 5 giugno  1939,
n. 1016, come sostituito dall'articolo 35 della legge 2 agosto  1967,
n. 799. 
  6. Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono sottoposte
alla vigilanza del Ministro dell'agricoltura e delle foreste. 
                               Art. 35 
          (Relazione sullo stato di attuazione della legge) 
  1.  Al  termine  dell'annata   venatoria   1994-1995   le   regioni
trasmettono  al  Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste  e  al
Ministro dell'ambiente una relazione sull'attuazione  della  presente
legge. 
  2. Sulla base delle relazioni  di  cui  al  comma  1,  il  Ministro
dell'agricoltura  e  delle  foreste,   d'intesa   con   il   Ministro
dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
presenta al Parlamento  una  relazione  complessiva  sullo  stato  di
attuazione della presente legge. 
                               Art. 36 
                     (Disposizioni transitorie) 
  1. Le aziende faunistico-venatorie  autorizzate  dalle  regioni  ai
sensi dell'articolo 36 della legge 27 dicembre  1977,  n.  968,  fino
alla naturale scadenza della concessione sono  regolate  in  base  al
provvedimento di concessione. 
  2. Su richiesta del concessionario, le regioni possono  trasformare
le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1  in  aziende  agri-
turistico-venatorie. 
  3. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge,
detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite  ovvero,
se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore
a quello stabilito dalla presente legge, sono tenuti a farne denuncia
all'ente competente. 
  4. In sede di prima  attuazione,  il  Ministro  dell'agricoltura  e
delle foreste definisce l'indice di densita' venatoria minima di  cui
all'articolo 14, commi 3 e  4,  entro  quattro  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge. 
  5. Entro due mesi dalla data di entrata in  vigore  della  presente
legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono
fissati i termini per l'adozione, da parte dei soggetti  partecipanti
al procedimento di programmazione  ai  sensi  della  presente  legge,
degli atti di rispettiva competenza, secondo modalita' che consentano
la piena attuazione della legge stessa nella stagione venatoria 1994-
1995. 
  6. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi ed  alle
norme stabiliti dalla presente legge ((  entro  e  non  oltre  il  31
luglio 1997 )).((1)) 
  7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome,  entro  il
medesimo termine di cui al comma 6, adeguano la propria  legislazione
ai principi ed alle norme stabiliti dalla presente legge  nei  limiti
della Costituzione e dei rispettivi statuti. 
    
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AGGIORNAMENTO (1) 
  IL D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito con modificazioni dalla
L. 23 dicembre 1996, n. 649 ha disposto (con l'art. 11-bis, comma  2)
che "Non sono punibili i fatti commessi in data anteriore a quella di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in
violazione degli articoli 15, comma 11, secondo periodo, 21, comma 1,
lettera b) e 36, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157." 
                               Art. 37 
                        (Disposizioni finali) 
  1. E' abrogata la legge 27 dicembre 1977, n.  968,  ed  ogni  altra
disposizione in contrasto con la presente legge. 
  2. Il limite per la detenzione delle armi da caccia di cui al sesto
comma dell'articolo 10 della legge  18  aprile  1975,  n.  110,  come
modificato dall'articolo 1 della  legge  25  marzo  1986,  n.  85,  e
dall'articolo 4 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, e' soppresso. 
  3. Ferme restando  le  disposizioni  che  disciplinano  l'attivita'
dell'Ente nazionale per  la  protezione  degli  animali,  le  guardie
zoofile volontarie che prestano servizio presso di esso esercitano la
vigilanza  sull'applicazione  della  presente  legge  e  delle  leggi
regionali in materia di caccia a norma  dell'articolo  27,  comma  1,
lettera b). 
 
Data a Roma, addi' 11 febbraio 1992 
                               COSSIGA 
                                  ANDREOTTI, Presidente del Consiglio 
                                  dei Ministri 
Visto, il Guardasigilli: MARTELLI